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Spazio

Spazio, 55 anni fa il felice ritorno a terra dei tre astronauti di Apollo 13

Al Centro spaziale di Houston le lancette degli orologi dei numerosissimi tecnici che stanno seguendo la drammatica odissea nello spazio dei tre astronauti di Apollo 13 hanno superato da pochi secondi la mezzanotte. In Italia sono le sette del mattino. È l’inizio di un nuovo giorno, precisamente venerdì 17 aprile 1970, una data da ricordare, perché se tutto andrà bene rimarrà nella memoria come il giorno della felice conclusione del primo salvataggio spaziale della storia.

Dopo aver superato diverse difficoltà in seguito all’esplosione avvenuta all’interno del modulo di servizio nella notte italiana tra il 13 e il 14 aprile (fra cui l’uscita dalla rotta di ritorno verso la Terra e il problema dell’eccessivo tasso di anidride carbonica a bordo del “treno spaziale”), tra circa dodici ore, secondo il piano di volo stabilito dalla NASA, è previsto il rientro sulla Terra di James Lovell, Fred Haise e John Swigert. Ha inizio una lunga attesa, tra paura, preghiera e speranza.

A bordo dell’Apollo “ferito” fa terribilmente freddo. La stanchezza e lo stress nei tre uomini aggiungono brividi. Dal Centro di Controllo consigliano loro di vestirsi il più possibile per ripararsi dalle basse temperature e di assumere qualche pastiglia di dexedrina, uno psicofarmaco stimolante, necessario in questo caso ai tre eroi dello spazio per sentirsi un po’ più in forma in vista della delicata fase del rientro sulla Terra.

La prima pagina de “La Stampa” di venerdì 17 aprile 1970

A 138 ore dalla partenza dalla rampa di lancio di Cape Kennedy, Lovell, Haise e Swigert sganciano il Modulo di Servizio danneggiato, che hanno tenuto agganciato alla propria navicella affinché proteggesse lo scudo termico dagli sbalzi di temperatura dello spazio.

È solo a questo punto che i tre vedono, per la prima volta, la reale entità dei danni che il loro veicolo ha subìto: una fiancata è completamente squarciata e i componenti interni danneggiati sono totalmente esposti. Gli astronauti scattano frettolosamente alcune fotografie, a colori e in bianco e nero, per documentare i danni e consentire ai tecnici a terra di avere maggiori informazioni per tentare di capire cosa è successo esattamente.

Il modulo di servizio di Apollo 13 gravemente danneggiato dallo scoppio

Poco più di tre ore dopo gli astronauti di Apollo 13 si separano anche dal LEM “Aquarius”, trasformato in “scialuppa di salvataggio” dopo l’esplosione nel modulo di servizio: le sue risorse hanno permesso a Lovell, Haise e Swigert di avere energia elettrica e ossigeno sufficienti per il viaggio di ritorno e il suo unico motore principale, insieme ai più piccoli razzi di manovra (RCS), ha permesso di accorciare i tempi del rientro e di inserire il veicolo spaziale nella giusta traiettoria verso la Terra.

Il modulo lunare “Aquarius”, diventato “scialuppa di salvataggio” per i tre di Apollo 13 fotografato dopo il distacco dal modulo di comando “Odyssey”

Alle 18:54 ora italiana, le 11:54 del mattino a Houston, la navicella Apollo, ciò che rimane del gigantesco razzo Saturn V lanciato la sera dell’11 aprile, con nessun sasso lunare a bordo ma con un ben più prezioso carico, quello umano, si tuffa attraverso l’atmosfera.

Alle 19:01 italiane, dopo più di quattro interminabili minuti di silenzio radio, è la voce del comandante Lovell la prima a giungere nelle cuffie dei tecnici di turno della base spaziale texana e ad essere amplificata dalle radio e televisioni in tutto il mondo: “Come mi sentite Houston?”.

“Okay. Perfettamente Odyssey”, gli rispondono quasi gridando. È la conferma che gli astronauti stanno bene.

In tutto il pianeta, pronto ad accogliere nuovamente i tre esploratori cosmici, vi sono scene di pianto, di gioia, di emozione. Sul Pacifico, a sud delle Isole Samoa, il Sole è sorto da appena un’ora quando appaiono tra le nubi i tre grandi paracadute che sostengono il Modulo di Comando.

Alle 19:07 ora italiana, le 12:07 di Houston, la capsula si posa, con un perfetto “splashdown”, sulle acque agitate del Pacifico. Due elicotteri si alzano dalla portaerei di recupero e si dirigono verso la zona dell’ammaraggio. La portaerei Iwo Jima è a soli sette chilometri di distanza. Alcuni uomini-rana si tuffano dagli elicotteri, agganciano il grande collare di galleggiamento alla base di “Odyssey”, poi aprono il portello. Finalmente gli astronauti possono uscire, respirare aria pura, essere riscaldati dai raggi del Sole, respirare l’odore del mare. E’ la fine del dramma.

Sono trascorse 145 ore, 54 minuti e quarantuno secondi dall’inizio del quinto volo umano verso la Luna, un viaggio che avrebbe dovuto portare, per la terza volta in meno di un anno, due uomini a calpestare la superficie del satellite naturale della Terra e si è trasformato invece nell’operazione di salvataggio più spettacolare ed emozionante nella storia dell’umanità.

La bellissima immagine dei tre grandi paracadute spiegati che riportano sul loro pianeta natale i tre eroi di Apollo 13
I tre di Apollo 13 appena sbarcati a bordo della portaerei “Iwo Jima”. Da sinistra Fred Haise, James Lovell e Jack Swigert
La prima pagina de “La Stampa” di sabato 18 aprile 1970

Spazio, 55 anni fa: “Houston, abbiamo avuto un problema qui”

Sono trascorsi pochi minuti da quando le lancette dell’orologio hanno scoccato in Texas le nove di sera di lunedì 13 aprile; in Italia sono già le prime ore del mattino di martedì 14, precisamente le 04:08. Si è da poco concluso il quarto collegamento televisivo in diretta con l’equipaggio di Apollo 13. Gli inviati speciali della carta stampata di buona parte del pianeta, presenti nella sala adibita ai giornalisti al Centro spaziale di Houston, stanno già trascrivendo gli articoli da spedire nelle varie redazioni dei quotidiani sulle prossime importanti e delicate manovre che James Lovell, Fred Haise e “Jack” Swigert dovranno effettuare nelle prossime ore: l’ingresso in orbita lunare, la discesa del quinto e sesto americano sulla Luna a bordo del Modulo Lunare “Aquarius” e le due attività previste sulla superficie selenica.

All’improvviso la voce del pilota del Modulo di Comando “Odyssey”, Swigert, fa sobbalzare l’intera squadra dei tecnici che a turno, da sabato 11 aprile, sta seguendo e monitorando minuto per minuto il viaggio lunare:

“Okay, Houston, we’ve had a problem here” (“OK, Houston, abbiamo avuto un problema qui”). Questa è la frase esatta pronunciata, anche se molti la citano erroneamente come “Houston, we have a problem”, ossia “Houston, abbiamo un problema”.

Subito dopo la voce del comandante Lovell conferma: “Houston, we’ve had a problem” (“Houston, abbiamo avuto un problema”). “Le spie di allarme stanno lampeggiando, i manometri dell’ossigeno in due delle tre celle a combustibile segnano zero… perdiamo gas all’esterno… abbiamo sentito un forte botto… il veicolo sta beccheggiando fortemente”.

A Houston appare subito evidente che la situazione è estremamente critica: è il primo, drammatico S.O.S. nella storia dell’esplorazione umana nello spazio. La voce del comandante di Apollo 13 continua a giungere a terra calma ma fredda come una lama d’acciaio: “Houston, la pressione dell’ossigeno nella cabina di Odyssey sta diminuendo rapidamente”.

Per quanto imprevisto e imprevedibile sia il dramma scoppiato a 370.000 km dal nostro pianeta, i controllori a terra si attivano preparando subito un piano di emergenza. Houston comunica: “Trasferitevi all’interno del Modulo Lunare, potrete così continuare a respirare utilizzando le scorte di ossigeno del Lem e continuare nelle manovre di emergenza”.

Mentre Lovell e Haise prendono posto a bordo di “Aquarius”, Swigert rimane solo su “Odyssey” per eseguire tutte le operazioni necessarie che gli vengono suggerite dai tecnici a Houston: è necessario spegnere tutti i sistemi vitali del Modulo di Comando, per ridurre al minimo il consumo di energia e conservare l’esiguo margine di 15 minuti di erogazione elettrica rimasto, per quando i tre intrepidi eroi tenteranno il ritorno sulla Terra. Anche le comunicazioni radio Terra-spazio vengono ridotte al minimo per risparmiare energia. A bordo di “Odyssey” cala il buio e aumenta il freddo; da questo istante gli astronauti sopravvivranno solo grazie ai generatori del Modulo Lunare “Aquarius”, nato per diventare base per il quinto e sesto esploratore lunare sulla superficie di Fra Mauro, ma diventato ora “scialuppa di salvataggio” per i tre valorosi americani. 

A poco più di due ore dall’incidente, alle 11:24 della sera a Houston (le 06:24 del mattino in Italia), il Centro di controllo della base texana annuncia ufficialmente di avere annullato “l’operazione sbarco sulla Luna”. Ora quello che più conta è far ritornare a casa sani e salvi gli sfortunati protagonisti di quella che avrebbe dovuto essere la prima missione scientifica sul suolo del satellite naturale della Terra. 

La prima cosa da fare è riportare il complesso formato dal Modulo di Comando/Servizio e dal Modulo Lunare nella giusta traiettoria di “libero ritorno” che Apollo 13, nel suo viaggio translunare, aveva abbandonato già al secondo giorno di volo per consentire una manovra più precisa di discesa di “Aquarius” nella zona prevista di Fra Mauro. I tecnici a Houston, in completa alleanza con i calcolatori elettronici a loro disposizione, stabiliscono le modalità della delicata e drammatica operazione: la correzione di rotta può essere effettuata solo dal motore del modulo di discesa del Lem, dopodiché se l’operazione riuscirà Apollo 13 si riporterà automaticamente sulla giusta strada del ritorno verso la Terra. 

Fortunatamente la manovra riesce: il motore del modulo di discesa di “Aquarius” viene acceso per trentaquattro secondi, inserendo sulla giusta strada del “libero ritorno” il complesso spaziale e il suo prezioso carico umano. Sono le 02:43 ora di Houston, le 09:43 italiane.

Un’altra buona notizia è che grazie ai giroscopi elettronici l’equipaggio è riuscito a stabilizzare il rollio del complesso spaziale e secondo i calcoli fatti dai tecnici della NASA gli astronauti hanno riserve sufficienti a bordo per ritornare sulla Terra venerdì 17 aprile. A Houston si comincia a sperare. 

Sulla Terra, intanto, è ormai giorno in buona parte del mondo occidentale, la cui opinione pubblica è stata messa al corrente del dramma che si sta consumando a quasi quattrocentomila chilometri di distanza. Le varie edizioni straordinarie di TV, radio e giornali informano minuto per minuto che la terza missione umana destinata a scendere sulla Luna ha la seria possibilità di trasformarsi nel primo naufragio spaziale della storia.

Alcuni astronauti e controllori di volo nella sala controllo principale di Houston. Seduti, da sinistra: Raymond Teague (Guidance Officer), Edgar Michell (astronauta), Alan Shepard Jr. (astronauta). In piedi, da sinistra: Anthony England (astronauta), Joe Engle (astronauta), Gene Cernan (astronauta), Ronald Evans (astronauta) e M.P. Frank (controllore di volo). L’orario esatto della foto non è noto ma è successivo alla decisione di annullare l’allunaggio; l’equipaggio stava già tentando di tornare a terra (Foto S70-34986).
Le prime pagine de “Il Resto del Carlino” e “Il Corriere della Sera” di mercoledì 15 aprile 1970.

55 anni fa il lancio di Apollo 13 verso l’altopiano lunare di Fra Mauro

Le lancette dell’orologio in Italia segnano le 20:13 di sabato 11 aprile 1970. Sulla costa orientale degli Stati Uniti, e specificamente nello stato della Florida, sono le 14:13. Le televisioni di quasi tutto il pianeta sono collegate con il Centro spaziale Kennedy. In Italia, poco prima dell’inizio del telegionale serale delle 20:30, è in onda un’edizione straordinaria; in studio ci sono Tito Stagno e Piero Forcella. La voce dell’annunciatore della NASA Chuck Hollinshead ha appena finito di scandire gli ultimi secondi di un conto alla rovescia impeccabile, al contrario degli eventi umani che hanno preceduto questo momento (la rosolia di Mattingly e la sua sostituzione con Swigert), quando la rampa di lancio 39-A viene investita da una vampata immensa di fuoco e fiamme scaturite dai cinque potenti motori F-1 del primo stadio del gigantesco Saturn V.

Dapprima lentamente, poi via via sempre più veloce, il razzo più grande e più potente mai costruito dall’uomo fino a quel momento si distacca dal suolo terrestre, allungando sempre di più la sua corsa verso il cielo: è iniziato il viaggio di Apollo 13 verso la la Luna con a bordo l’equipaggio formato da James Lovell, Fred Haise e John Swigert.

Nelle fasi iniziali del volo, però, non tutto funziona alla perfezione: dopo il regolare distacco dell’S-IC, il primo stadio del Saturn, a due minuti e 44 secondi dal distacco dalla torre di lancio, e dopo l’accensione del secondo stadio S-II, il motore centrale di quest’ultimo cessa di funzionare due minuti prima del previsto. Da bordo della cabina dell’Apollo, lanciata ad altissima velocità verso la quota orbitale, si sente la voce del comandante Lovell: “Questo non sarebbe dovuto succedere”. Fortunatamente il “cervello elettronico” del Saturn comanda agli altri quattro motori di rimanere accesi 45 secondi in più.

Dopo nove minuti e 53 secondi anche il secondo stadio viene abbandonato, e l’accensione dell’unico motore del terzo stadio, l’S-IVB, permette la perfetta inserzione nella prevista orbita di parcheggio intorno alla Terra. Sono trascorsi 12 minuti e 39 secondi dal distacco dalla rampa di lancio. In Italia sono le 20:25. A Houston il grande orologio della sala di controllo segna le 14:25.

La prossima manovra del piano di volo è prevista a due ore e 41 minuti dal “liftoff”, quando verrà riacceso il potente motore del terzo stadio per immettere Apollo 13, con il suo prezioso carico umano, nella giusta traiettoria per l’altopiano lunare di Fra Mauro.

Per la terza volta, in meno di nove mesi, due astronauti americani, il quinto e il sesto nella storia dell’umanità, James Lovell e Fred Haise, si accingono a raggiungere il satellite naturale della Terra e a camminare sulla sua desolata superficie, per la prima vera esplorazione scientifica della Luna. Jack Swigert li attenderà in orbita.

Cape Kennedy. Mentre la terra trema a chilometri di distanza, il Saturn V si avvia a portare in orbita terrestre i tre di Apollo 13.
La prima pagina del “Corriere della Sera” di domenica 12 aprile 1970.
L’inizio del terzo sbarco lunare umano sulla prima pagina del quotidiano “La Stampa”.

Lanciata con successo la Soyuz MS-27 verso la Stazione Spaziale Internazionale

In perfetto orario questa mattina, 8 aprile 2025, alle 07:47 ora italiana, è stata lanciata dal Cosmodromo di Baikonur la Soyuz MS-27, con a bordo un equipaggio formato da tre astronauti. Obiettivo del volo, raggiunto felicemente tre ore dopo il distacco dalla rampa di lancio, l’aggancio alla Stazione spaziale Internazionale (ISS).

I tre uomini arrivati con la Soyuz, i russi Sergei Ryzhikov e Aleksei Zubritsky e l’americano Jonathan Kim, rimarranno sull’avamposto orbitale per circa otto mesi. Il ritorno a terra è previsto, se il programma di volo sarà rispettato, per il mese di dicembre di quest’anno.

Con l’arrivo dei tre nuovi “inquilini”, la ISS ha ora a bordo dieci persone: otto uomini e due donne.

Durante il lungo periodo che i nuovi arrivati trascorreranno in orbita, verranno condotti numerosi esperimenti e inoltre alcuni lavori di manutenzione interna ed esterna della Stazione spaziale, compresa una attività extraveicolare per il segmento statunitense, alla quale potrebbe partecipare lo stesso Jonathan Kim. Il lancio della Soyuz MS-27 è il 353° volo orbitale umano da quel primo storico compiuto il 12 aprile 1961 da Yuri Gagarin.

I tre astronauti che hanno raggiunto la ISS a bordo della Soyuz MS-27. A sinistra l’americano Jonathan Kim, al centro il comandante del volo Sergei Rizhikov, e a destra Aleksei Zubritsky.
La Soyuz con i suoi tre uomini in volo verso lo spazio per l’appuntamento orbitale con l’ISS.

55 anni fa il primo “abbiamo un problema” di Apollo 13

7 aprile 1970, martedì. Mentre il conto alla rovescia per il terzo sbarco umano sulla Luna procede spedito verso la conclusione prevista per l’11 aprile alle ore 20:13 italiane, al Centro spaziale Kennedy giunge come un fulmine a ciel sereno la notizia che durante una delle ultime visite mediche a cui sono sottoposti periodicamente i tre astronauti titolari di Apollo 13 (James Lovell, Fred Haise e Thomas Mattingly) e quelli di riserva (John Young, John Swigert e Charlie Duke), risulta che quest’ultimo, pilota di riserva del Modulo Lunare, ha contratto da uno dei suoi due figli la rosolia.

Mattingly, pilota del Modulo di Comando, dopo ulteriori ed accurati controlli medici, risulta essere l’unico dei sei che non è immune a questa malattia. Per non correre il grave rischio che si ammali durante la missione che porterà i tre uomini a quasi 400.000 chilometri di distanza dalla Terra, il medico della NASA, Charles Berry, chiede l’immediata sostituzione del pilota titolare con la sua riserva John “Jack” Swigert.

Nonostante il parere contrario del comandante del volo James Lovell, restio a modificare parte dell’equipaggio a pochi giorni dall’inizio del grande viaggio, il rischio che la missione possa subire un lungo rinvio convince il veterano dello spazio, che ha al proprio attivo tre voli spaziali, ad accettare la decisione dell’ente spaziale.

Swigert già il giorno successivo inizia una serie di prove tecniche intensive sul simulatore di bordo del Modulo di Comando per garantire un maggior affiatamento tra i membri dell’equipaggio e con i tecnici del Centro di controllo di Cape Kennedy e di Houston che monitoreranno la quinta spedizione umana verso la Luna.

L’equipaggio originale designato per la missione Apollo 13. A sinistra il comandante James Lovell, al centro il pilota del modulo di comando Thomas Mattingly (l’astronauta a rischio di sviluppare la rosolia mentre è nello spazio), e a destra Fred Haise, pilota del modulo lunare.
John “Jack” Swigert, l’astronauta di riserva chiamato a sostituire come pilota del modulo di comando Thomas Mattingly.

9 aprile 1970, giovedì. A due giorni dall’inizio del volo programmato verso la Luna di Apollo 13, c’è molta attesa nel mondo scientifico e nell’opinione pubblica per via della grande incertezza che regna dopo la notizia, resa ufficiale dalla NASA e apparsa sui giornali di tutto il mondo, del possibile contagio con la rosolia subìto da uno dei tre astronauti dell’equipaggio titolare, Thomas Mattingly, pilota del modulo di comando.

Da Stampa Sera del 9 aprile 1970.
Da La Stampa del 9 aprile 1970.

Le voci che circolano al di fuori del Centro spaziale Kennedy ipotizzano un probabile lungo rinvio della terza missione, la prima veramente scientifica rispetto alle due precedenti, che avrebbe visto come protagonisti oltre allo stesso Mattingly il veterano dello spazio James Lovell come comandante e Fred Haise, al suo primo volo, come pilota del modulo lunare.

Ma l’ente spaziale americano ha già preso la sua decisione: si parte comunque. Mattingly per precauzione resterà a terra e verrà sostituito dalla riserva John “Jack” Swigert, ugualmente ben preparata alle difficoltà del viaggio.

Il conto alla rovescia alla base spaziale di Cape Kennedy dunque non si ferma. Il “liftoff” di Apollo 13 verso la Luna con destinazione la zona di Fra’ Mauro, una regione ritenuta molto interessante dai selenologi, viene confermato per sabato 11 aprile, quando in Italia saranno le 20:13 italiane, le 14:13 in Florida.

Spettacolare ammaraggio nel Pacifico chiude la prima missione spaziale umana a sorvolare i poli

Venerdì scorso (4 aprile 2025) uno spettacolare ammaraggio nelle acque dell’Oceano Pacifico (non nuove a rientri sulla Terra di navicelle spaziali statunitensi, tra cui quelle indimenticabili delle missioni lunari Apollo) ha concluso la breve ma storica missione della Dragon “Resilience” con a bordo quattro astronauti non professionisti.

Chi ha assistito alle fasi finali del rientro in diretta televisiva sul canale ufficiale della NASA non ha saputo trattenere le emozioni, tanto era la chiarezza delle immagini trasmesse in 4K.

Subito dopo l’ammaraggio, avvenuto alle 18:19 ora italiana, i quattro astronauti, una volta issata la navicella sulla piattaforma di recupero, sono riusciti ad uscire autonomamente dalla Dragon, anche se con qualche comprensibile difficoltà ma sorridenti: anche questo era uno dei tanti esperimenti compresi nel breve volo durato tre giorni, 14 ore e 32 minuti.

Durante il volo a bordo della “Resilience” nella missione “Fram-2”, così denominata in onore della nave norvegese che effettuò i primi viaggi pionieristici nell’Artico e in Antartide tra il 1893 e il 1912, l’imprenditore cinese ma naturalizzato maltese Chun Wang, la regista norvegese Jannicke Mikkelsen, l’esploratore australiano Eric Philips e l’ingegnere tedesca Rabea Rogge, oltre ad aver sorvolato i poli dall’orbita terrestre (per primi nella storia dell’esplorazione spaziale umana), hanno compiuto più di venti esperimenti scientifici. I più importanti: la prima radiografia del corpo umano nello spazio, lo studio della regolazione del glucosio in microgravità e la possibile coltivazione dei funghi in un ambiente di microgravità.

Una immagine dalla Dragon “Resilience” durante un sorvolo di un polo terrestre.
Lo “splashdown” della Dragon nelle acque dell’Oceano Pacifico al termine di una missione di quasi quattro giorni in orbita polare.

Spazio, 50 anni fa il primo rientro d’emergenza di un equipaggio pochi minuti dopo il lancio

Domani, 5 aprile 2025, ricorre il cinquantesimo anniversario della prima missione spaziale con rientro d’emergenza durante le fasi del lancio.

Il disastro sfiorato accade durante l’inizio dell’ascesa verso gli strati alti dell’atmosfera della Soyuz 18 (successivamente ribattezzata Soyuz 18-A), a bordo della quale si trovano Vasili Lazarev e Oleg Makarov. Obiettivo della diciassettesima missione di una Soyuz con equipaggio è il raggiungimento e l’aggancio al laboratorio Salyut 4, che si trova in orbita dal 26 dicembre 1974 ed è già stato visitato dal precedente equipaggio della Soyuz 17.

Il lancio avviene la mattina del 5 aprile 1975 dal Cosmodromo di Baikonur, nel Kazakistan, allora facente parte all’Unione Sovietica (diventerà indipendente nel 1992 dopo lo scioglimento dell’URSS); Lazarev e Makarov sono alla loro seconda impresa spaziale, avendo già volato insieme durante la missione Soyuz 12 nel settembre del 1973.  

L’inizio del volo verso gli alti strati dell’atmosfera fila liscio come l’olio, ma al momento previsto per la separazione del secondo stadio, ormai esaurito, dal terzo, quattro minuti e 48 secondi dopo il decollo e ad una quota di 145 km, il distacco non avviene nella maniera corretta: il motore del terzo stadio, indispensabile per raggiungere l’orbita terrestre, si accende quando il secondo stadio è ancora agganciato ad esso.

Fortunatamente la spinta del motore del terzo stadio spezza gli agganci che ancora tengono uniti i due veicoli; a questo punto la forte sollecitazione fa deviare pericolosamente il complesso spaziale dalla prevista traiettoria di volo. A causa del guasto tecnico, e avendo rilevato l’anomalia, il sistema di guida automatico della Soyuz attiva il programma di “abort”: l’interruzione di emergenza durante una fase di lancio. È la prima volta nella storia della esplorazione spaziale umana che questo accade.

Al momento dell’avaria, la “torre di salvataggio” collocata all’estremità del razzo A-2 era già stata sganciata ed è quindi necessario attivare il motore principale della Soyuz, separando dapprima il veicolo dal terzo stadio e successivamente dal modulo orbitale e quello di servizio.

Avvenuto ciò, il ritorno verso la Terra della navicella è alquanto drammatico: essendo accelerata fortemente la sua discesa, i due cosmonauti subiscono una decelerazione di 21,3 g invece dei 15 g previsti per queste situazioni di emergenza. Fortunatamente, nonostante il sovraccarico di pressione alla quale viene sottoposta la Soyuz, a pochi chilometri dal suolo i paracadute si dispiegano perfettamente, frenando la navicella e garantendo il ritorno sulla Terra dei due cosmonauti dopo soli 21 minuti e 27 secondi di volo.

Tutto bene dunque per i cosmonauti; i due rientrano a terra sani e salvi, come rilanciano le principali fonti giornalistiche sovietiche nel dare notizia al paese e al mondo dell’avvenuto incidente. Ma a dispetto delle dichiarazioni ufficiali, come ricorda il sito Almanacco dello Spazio di Paolo Attivissimo alla data 5 aprile, i guai di Lazarev e Makarov non sono finiti: la capsula cade su un pendio innevato e rotola verso uno strapiombo alto 150 metri, finché i paracadute s’impigliano nella vegetazione e trattengono il veicolo spaziale.

L’equipaggio si trova immerso nella neve alta fino al petto e a -7 °C, per cui indossa l’abbigliamento termico d’emergenza. Inizialmente teme di essere finito in territorio cinese, in un momento in cui i rapporti fra Unione Sovietica e Cina sono molto ostili, e quindi si affretta a distruggere i documenti riguardanti un esperimento militare che si sarebbe dovuto svolgere durante la missione.

In realtà l’atterraggio è avvenuto in territorio sovietico, a sud-ovest di Gorno-Altaisk, circa 830 km a nord del confine con la Cina e a circa 1500 km dalla base di lancio, ma i cosmonauti non lo sanno fino a quando viene conseguito il contatto radio con un elicottero di soccorso, il cui equipaggio li informa sul luogo di atterraggio. Lazarev e Makarov sono in patria, ma la zona è talmente impervia che non vengono recuperati fino all’indomani.

Inizialmente le autorità sovietiche dichiarano che i cosmonauti non hanno subito lesioni, ma emergerà poi che Lazarev ha subito traumi a causa dell’elevatissima decelerazione. Makarov, invece, tornerà a volare con le Soyuz 26, 27 T-3.

La censura sovietica nasconde la serietà dell’incidente all’opinione pubblica nazionale fino al 1983: all’indomani del lancio i giornali russi si limitano a scrivere in seconda pagina, con un titolo piccolo e blandissimo (“Comunicato dal centro di controllo del volo”) che lo fa passare pressoché inosservato, che “durante il percorso del terzo stadio del razzo i parametri della traiettoria hanno deviato da quelli prestabiliti e un meccanismo automatico ha fatto interrompere il volo, distaccando la cabina spaziale in modo che scendesse a terra. L’atterraggio morbido è avvenuto a sud-ovest di Gorno-Altaisk (Siberia occidentale). I servizi di ricerca e soccorso hanno ricondotto al cosmodromo i due cosmonauti, che stanno bene”.

Gli Stati Uniti, invece, vengono avvisati sommariamente il 7 aprile, dopo il recupero dell’equipaggio, ma chiedono maggiori chiarimenti, perché sono in corso i preparativi per una storica missione spaziale congiunta fra russi e americani, l’Apollo-Soyuz Test Project, che dovrà decollare tre mesi dopo.


Nella storia dei voli spaziali umani dal 1961, a tutto il mese di marzo 2025, ci sono stati altri tre “abort”, interruzioni improvvise di un volo con equipaggio poco dopo il lancio. A quel primo della Soyuz 18-A si sono aggiunte altre due missioni sovietiche/russe: Soyuz T-10A (settembre 1983) e Soyuz MA-10 (ottobre 2018). Anche in questi casi i cosmonauti a bordo sono rientrati a terra sani e salvi. Ben più tragico l’unico “abort” di una missione della NASA, l’esplosione della navetta Shuttle “Challenger” dopo 73 secondi dal lancio, con la morte dei sette astronauti a bordo.

I due sfortunati cosmonauti della missione Soyuz 18-A Oleg Makarov (a sinistra nella foto) e Vasili Lazarev. (fonte: Spacefacts).
La notizia del fallimento del lancio della Soyuz a pag. 12 del quotidiano con uscita pomeridiana Stampa Sera, datato 7 aprile 1975 (dalla collezione personale di Gianluca Atti).
Il mancato raggiungimento in orbita della Soyuz di Makarov e Lazarev nell’edizione del mattino de “La Stampa” dell’8 aprile 1975 (dalla collezione personale di Gianluca Atti).

Lanciata la Dragon “Resilience”: primo volo spaziale con equipaggio per l’osservazione dei poli terrestri

Puntuale sulla tabella di marcia è partita dal Centro spaziale Kennedy questa notte, quando in Italia erano le 03:46 di martedì primo aprile 2025, la navicella spaziale Dragon “Resilience” con a bordo due uomini e due donne. Il distacco è avvenuto dalla storica rampa di lancio 39-A, la stessa che ha visto partire le missioni umane verso la Luna nel corso del programma Apollo negli anni sessanta e settanta del secolo scorso.

La partenza, come sempre quando si tratta di un lancio notturno, è stata spettacolare e per alcuni istanti il propellente che usciva dal primo stadio del Falcon IX ha illuminato a giorno il cielo buio della Florida. Nello stato orientale americano erano infatti le 21:46.

Il volo di ”Fram 2” è una novità storica per l’astronautica: nessuna missione umana nello spazio aveva fino ad ora sorvolato i poli terrestri. I quattro astronauti non professionisti a bordo di “Resilience” (Chun Wang, imprenditore e finanziatore della spedizione, la regista norvegese Jannicke Mikkelsen, la ricercatrice tedesca Rabea Rogge e l’australiano Eric Philips, esperto guida nelle esplorazioni polari), sono i primi a viaggiare in orbita intorno alla Terra con una inclinazione di 90 gradi, consentendo un sorvolo da un’altezza superiore ai 400 chilometri dei poli Nord e Sud del nostro pianeta.

Da ricordare che oltre alle osservazioni e allo studio delle due regioni polari verrà effettuata all’interno della Dragon una serie di esperimenti scientifici sugli effetti della microgravità sul corpo umano e verrà realizzata, per la prima volta, una radiografia su un essere umano nello spazio.

Il rientro a Terra della Dragon “Resilience” è previsto per la giornata di venerdì 4 aprile dopo cinque giorni di permanenza nello spazio.

Missione SpaceX “Fram2”: primo volo con equipaggio sopra i poli terrestri

Centro spaziale Kennedy. È previsto quando in Italia sarà piena notte (il conto alla rovescia dovrebbe terminare alle 03:46 di martedì 1 aprile 2025 salvo inconvenienti tecnici o meteorologici dell’ultimo momento) il lancio dalla storica rampa di lancio 39-A della Dragon “Resilience” con a bordo un equipaggio di quattro persone in una missione denominata “Fram-2”. Per la storia dell’Astronautica è questa la prima missione spaziale con equipaggio in orbita polare.

“Fram-2” prende il nome dalla storica nave norvegese Fram, che completò diverse spedizioni nelle regioni artiche e antartiche tra il 1893 e il 1912. I quattro futuri astronauti sono due uomini e due donne: nessuno di loro ha ancora volato nello spazio. Si tratta di Chun Wang, nato in Cina ma imprenditore maltese e comandante della missione; la norvegese Jannicke Mikkelsen, comandante di “Resilience”; l’australiano Eric Philips come pilota; e la tedesca Rabea Rogge come specialista di missione. Saranno i primi a viaggiare su un’orbita con inclinazione di 90 gradi, consentendo loro di sorvolare direttamente i poli Nord e Sud del nostro pianeta.

La capsula è dotata di una cupola per consentire l’osservazione della Terra da un’altitudine di 425 – 450 km. Oltre all’osservazione delle regioni polari, i quattro effettueranno una serie di esperimenti scientifici, tra cui alcuni studi sugli effetti della microgravità sul corpo umano; inoltre durante i cinque giorni di volo previsti sarà realizzata per la prima volta la prima radiografia di un essere umano nello spazio. La Dragon “Resilience” sarà lanciata in orbita intorno alla Terra da un razzo Falcon di SpaceX.

Spirale luminescente in cielo stasera: è gas rilasciato da un razzo di SpaceX. Nessun pericolo (e nessun alieno)

Ho visto che sui social network ci sono moltissime foto che mostrano una spirale luminescente avvistata nei cieli dell’Europa questa sera intorno alle 21. Si tratta di una scia di propellente sfiatato da un razzo di SpaceX e illuminato dal Sole.

In dettaglio, si tratta del propellente rilasciato dal secondo stadio di un razzo Falcon 9 di SpaceX, partito alle 18.48 (ora dell’Europa centrale) dalla Florida per portare in orbita un satellite militare. La nuvola di propellente riflette il Sole (che alla quota alla quale si trova il veicolo spaziale è ancora sopra l’orizzonte) e forma una spirale perché lo stadio ruota su se stesso mentre sta sfiatando.

Lo stadio è poi rientrato sulla Terra precipitando senza pericolo nell’Oceano Indiano.

Questo tipo di fenomeno non è una novità: lo sfiato avviene a ogni lancio di un razzo (un esempio qui sul mio blog precedente). Tuttavia la spirale diventa visibile soltanto quando ci sono le condizioni giuste di illuminazione: deve esserci buio al suolo ma il Sole deve essere ancora in grado di illuminare la nuvola di gas.

Chiunque parli di fenomeni misteriosi, di presenze aliene, di portali cosmici e via dicendo dimostra solo una di due cose: nel migliore dei casi, la propria ignoranza delle attività spaziali e la propria incapacità di stare zitto quando non sa di cosa parla; nel peggiore dei casi, la propria meschina pochezza nel cercare di acchiappare qualche clic e qualche like creando misteri e allarmi inesistenti invece di informarsi e informare.

Astronautichicche stasera ad Ascona

Questa sera al Centro Congressi del Monte Verità di Ascona (Svizzera), via Collina, in occasione dell’evento Asconoscienza 2025 (Asconoscienza.ch), Paolo parlerà di Spazio con la conferenza Astronautichicche: gli aspetti poco conosciuti dell’esplorazione spaziale.

L’appuntamento è alle 20.30.

Ci saranno alcune copie di Carrying the fire in vendita.

Katy Perry andrà nello spazio con il primo equipaggio tutto femminile dopo oltre 60 anni

Blue Origin, la società aerospaziale di Jeff Bezos, ha annunciato il 27 febbraio scorso l’equipaggio di uno dei prossimi voli suborbitali del vettore New Shepard, ed è un annuncio particolarmente interessante per due motivi. Uno è la presenza della superstar canora e ambasciatrice UNICEF Katy Perry; l’altro è che per la prima volta in 60 anni un volo spaziale ha un equipaggio composto interamente da donne. Non succedeva dai tempi del volo orbitale di Valentina Tereshkova nel 1963.

Il lancio, etichettato NS-31, è previsto per questa primavera, e supererà per alcuni minuti i 100 km di quota (la linea di Kármán), qualificandosi come volo spaziale pur senza entrare in orbita. Oltre a Katy Perry, l’equipaggio include la giornalista e pilota di elicotteri Lauren Sánchez (vincitrice di un Emmy, compagna di Jeff Bezos e organizzatrice del volo); l’imprenditrice ed ex scienziata della NASA Aisha Bowe; la ricercatrice di bioastronautica, candidata al Nobel per la pace e Donna dell’Anno di Time Amanda Nguyen (che diventerà la prima donna astronauta vietnamita); la giornalista e conduttrice radiofonica Gayle King; e l’imprenditrice sociale Kerianne Flynn.

Qui sotto trovate il testo integrale dell’annuncio da parte di Blue Origin.

Fonte aggiuntiva

Jeff Bezos is sending Katy Perry to space, The Verge (2025)


Blue Origin Announces Crew For New Shepard’s 31st Mission

New Shepard’s 11th Human Flight, NS-31, Will Launch This Spring with Aisha Bowe, Amanda Nguyen, Gayle King, Katy Perry, Kerianne Flynn, and Lauren Sánchez

Blue Origin today announced the six people flying on its NS-31 mission. The crew includes Aisha Bowe, Amanda Nguyen, Gayle King, Katy Perry, Kerianne Flynn, and Lauren Sánchez, who brought the mission together. She is honored to lead a team of explorers on a mission that will challenge their perspectives of Earth, empower them to share their own stories, and create lasting impact that will inspire generations to come.

Meet the NS-31 Crew

Aisha Bowe
Aisha is a former NASA rocket scientist, entrepreneur, and global STEM advocate. She is the CEO of STEMBoard, an engineering firm recognized twice on the Inc. 5000 list of America’s fastest-growing private companies, and the founder of LINGO, an edtech company on a mission to equip one million students with essential tech skills. Of Bahamian heritage, Aisha hopes her journey from community college to space will inspire young people in the Bahamas and around the world to pursue their dreams.

Amanda Nguyen
Amanda is a bioastronautics research scientist. She graduated from Harvard, and conducted research at Harvard Center for Astrophysics, MIT, NASA, and International Institute for Astronautical Sciences. Amanda worked on the last NASA shuttle mission, STS-135, and the Kepler exoplanet mission. For her advocacy for sexual violence survivors, she was nominated for the Nobel Peace Prize and awarded TIME’s Woman of the Year. As the first Vietnamese and Southeast Asian woman astronaut, Amanda’s flight is a symbol of reconciliation between the United States and Vietnam, and will highlight science as a tool for peace.

Gayle King
Gayle is an award-winning journalist, co-host of CBS Mornings, editor-at-large of Oprah Daily, and the host of Gayle King in the House on SiriusXM radio. In a career spanning decades, King has been recognized as a gifted, compassionate interviewer able to break through the noise and create meaningful conversations. As someone who is staying open to new adventures, even ones that scare her, Gayle is honored to be part of Blue Origin’s first all-female flight team and is looking forward to stepping out of her comfort zone.
 
Katy Perry
Katy is the biggest-selling female artist in Capitol Records’ history and one of the best-selling music artists of all time with over 115 billion streams. Aside from being a global pop superstar, Katy is an active advocate of many philanthropic causes, including as a UNICEF Goodwill Ambassador where she uses her powerful voice to ensure every child’s right to health, education, equality, and protection, and her own Firework Foundation, which empowers children from underserved communities by igniting their inner light through the arts. Katy is honored to be a part of Blue Origin’s first all-female crew and hopes her journey encourages her daughter and others to reach for the stars, literally and figuratively. 
 
Kerianne Flynn
After a successful career in fashion and human resources, Kerianne Flynn has spent the last decade channeling her energy into community-building through board service and nonprofit work with The Allen-Stevenson School, The High Line, and Hudson River Park. Passionate about the transformative power of storytelling, Kerianne has produced thought-provoking films such as This Changes Everything (2018), which explores the history of women in Hollywood, and LILLY (2024), a powerful tribute to fair-pay advocate Lilly Ledbetter. Kerianne has always been drawn to exploration, adventure, and space, and hopes her Blue Origin space flight serves as an inspiration for her son, Dex, and the next generation of dreamers to reach for the stars.
 
Lauren Sánchez
Lauren is an Emmy Award-winning journalist, New York Times bestselling author, pilot, Vice Chair of the Bezos Earth Fund, and mother of three. In 2016, Sánchez, a licensed helicopter pilot, founded Black Ops Aviation, the first female-owned and operated aerial film and production company. Sánchez released her New York Times bestselling debut children’s book, The Fly Who Flew to Space, in 2024. Her work in aviation earned her the Elling Halvorson Vertical Flight Hall of Fame Award in 2024 for her expertise as a helicopter pilot and aviation businesswoman. Sánchez’s goal is to inspire the next generation of explorers.

This mission will be the 11th human flight for the New Shepard program and the 31st in its history. To date, the program has flown 52 people above the Kármán line, the internationally recognized boundary of space. This is the first all-female flight crew since Valentina Tereshkova’s solo spaceflight in 1963.
 
The flight will launch this spring. To fly on a future New Shepard mission, go to BlueOrigin.com/New-Shepard/Fly.

Follow Blue Origin on X, Instagram, Facebook, LinkedIn, Threads, and YouTube, and sign up on BlueOrigin.com to stay current on all mission details. 

Disponibile subito “Niente panico, per ora”, l’autobiografia di Fred Haise (Apollo 13), su carta ed e-book. Ne parliamo a Sci-Fi Universe il 18 e 19 gennaio

L’editore Cartabianca Publishing ha appena pubblicato un‘altra autobiografia di un astronauta lunare: stavolta il protagonista è Fred Haise, che molti conoscono come uno degli astronauti della drammatica missione Apollo 13 che rischiò di concludersi tragicamente dopo uno scoppio avvenuto durante il viaggio verso la Luna.

Ma Haise racconta una storia ben più ricca, che include le sue numerosissime esperienze di pilota collaudatore, le sue reazioni all’occasione mancata di camminare sulla Luna, il terribile incidente aereo che quasi gli costò la vita e i voli di collaudo atmosferico dello Space Shuttle. Con grande gioia dei fan di Star Trek, lui è infatti stato comandante dell’Enterprise, il primo esemplare dello Shuttle.

La sua è una vita intensa, ricca di eventi che lo hanno consegnato alla Storia con la S maiuscola, e Haise si racconta con lucidità e precisione.

Niente panico, per ora (Never Panic Early in originale) è stato tradotto da Diego Meozzi con il supporto di esperti e con la mia revisione tecnica: è disponibile subito come e-book (universale, per Kindle o per dispositivi Apple) a 9,99 euro e su carta (228 pagine, 70 foto) a 20 euro.

Il libro verrà presentato e sarà acquistabile alla convention di fantascienza, astronomia e astrofisica Sci-Fi Universe, al Parc Hotel di Peschiera del Garda (VR), il 18 e 19 gennaio, e io avrò il piacere di condurre l’incontro con Cartabianca Publishing alle 14.45 di sabato 18 (tenete d’occhio il programma per eventuali variazioni). Ci vediamo là?

Sci-Fi Universe, 18-19 gennaio 2025: scienza e fantascienza insieme per divertimento e conoscenza, con Luca Perri, Tony Amendola e tanti altri ospiti

Dopo il successo e il divertimento dell’edizione sperimentale di gennaio scorso, torna Sci-Fi Universe (per gli amici “la Sciallacon”), un weekend di conferenze di scienza e fantascienza, con ospiti come Luca Perri e Tony Amendola (Stargate), osservazioni astronomiche e solari (meteo permettendo) e workshop dedicati a fotografia, doppiaggio, podcasting, realtà virtuale e tanto altro ancora.

L’evento è organizzato dallo Stargate Fanclub Italia e io ho il piacere di esserne co-organizzatore, co-conduttore e docente di alcuni workshop e conferenze (per questa edizione, mi occuperò di podcasting e multiverso scientifico e fantascientifico).

Il raduno si tiene al Parc Hotel di Peschiera del Garda (con piscina, palestra, spa e spazi di gioco e intrattenimento per tutta la famiglia), il 18 e 19 gennaio 2025, con un prequel a sorpresa per chi arriva già di venerdì durante l’allestimento. Inoltre durante la convention ci sarà il compleanno della Dama del Maniero, per cui faremo anche un festeggiamento speciale per lei, con alcune cose mai viste e irripetibili.

L’ingresso standard costa 35 euro e vale per entrambi i giorni; ragazzi e ragazze dai 12 ai 17 anni e portatori di handicap entrano con 15 euro; chi ha meno di 11 anni o accompagna portatori di handicap entra gratis.

Se siete interessati a partecipare, la scheda d’iscrizione è qui e il programma completo è qui. Consiglio di non rinviare la prenotazione, perché i posti disponibili sono quasi esauriti. Le ultime notizie e le chicche della SFU vengono pubblicate non solo sul sito dell’evento (scifiuniverse.it) ma anche sui social network: Facebook, X/Twitter, YouTube, Instagram, TikTok e Mastodon.

Questi i club e le associazioni presenti: Stargate Fanclub Italia, Deep Space One, Moonbase ’99, S.T.E.I. Stazione Eco-Interstellare, Star Trek Torino, CICAP, ASIMOF, Doctor Who Italian Fan Club, Starfleet Section 31 Italy Department, Steampunk Nord-Est. Il media partner è FantascientifiCast.

Ospiti e relatori: l’attore Tony Amendola, l’astrofisico Luca Perri, il fisico e astrofisico Simone Jovenitti, l’esperto musicale Claudio Sonego, il traduttore e interprete specializzato in videogiochi Samuele Voltan, la docente di inglese Aurora Fumagalli (laureata in Lettere Moderne con tesi triennale su Star Trek), il giornalista e saggista Cesare Cioni, la consulente editoriale e traduttrice Chiara Codecà, l’ingegnere Dario Kubler (esperto di costruzione di componenti satellitari e di modelli spaziali ultrafedeli).

Workshop ed experience: Meet & Greet con Tony Amendola (che parla italiano), Stampa 3D a cura di GEALab.net, osservazione del Sole in sicurezza con gli esperti di Physical.pub, scrittura con Ida Daneri (docente di scrittura creativa), fotografia per smartphone con Andrea Tedeschi, podcasting con il sottoscritto, doppiaggio con Luca Gatta, scherma con spade laser a cura di GLSabers e Tortellino Laser ASD, prova della realtà virtuale, volo spaziale con Davide Formenti, ginnastica Klingon con Elena Albertini, e altro ancora.

Ci vediamo lì!

“Carrying the Fire”, come sono andate le vendite?

È tempo di chiusure e rendiconti di fine anno, e l’editore Cartabianca Publishing mi ha mandato i dati delle vendite e i dettagli dei costi del progetto Carrying the Fire al quale tanti di voi hanno partecipato: in 12 mesi sono state vendute 1282 copie (919 cartacee e 363 digitali). Merito in gran parte del crowdfunding che avevamo avviato per far partire questa traduzione sofferta ma molto appagante.

Questi sono alcuni grafici con altri dettagli:

Nel frattempo è quasi terminata la traduzione di Never Panic Early, l’autobiografia di Fred Haise di Apollo 13. A questo proposito, l’editore mi ha chiesto di cercare di entrare in contatto con il commentatore Claudio che il 9 ottobre scorso ha scritto il suo suggerimento per il titolo nei commenti di questo blog. Claudio, se leggi questo post, l’editore vorrebbe citarti nel libro con nome e cognome, se ti fa piacere, e ovviamente farti avere una copia del libro.

Ci vediamo a Segrate oggi alle 18 per parlare di alieni?

Come preannunciato, oggi alle 18 sarò a Segrate, all’Auditorium Centro Verdi, per parlare di ricerca della vita extraterrestre (quella seria) nell‘ambito del Mese dello Spazio, che è una serie di conferenze, laboratori, cineforum e concerti dedicati al fascino dell’Universo, realizzata grazie al supporto del Comune e della Biblioteca di Segrate.

Fra gli ospiti, nelle varie giornate, ci sono Massimo Polidoro, Luca Perri (che sarà ospite della convention Sci-Fi Universe che co-organizzo a gennaio 2025), Giulio Magli, Giulia Malighetti, Luna Rampinelli, Aniello Mennella, Sonia Spinello, Eugenia Canale e Manuel Consigli. Il programma completo è qui su Physical.pub; i dettagli della mia serata di oggi sono qui.

Tutti gli incontri sono gratuiti e ad accesso libero, fino ad esaurimento dei posti; chi ha piacere può lasciare una donazione a Physical Pub. Ove possibile vi saranno firmacopie e gadget astronomici. Io porterò qualche copia di Carrying the Fire – Il mio viaggio verso la Luna (la traduzione italiana dell’autobiografia dell’astronauta lunare Michael Collins).

SpaceX prende al volo il lanciatore gigante

Visto in diretta. Non ho parole.

23:55. Mi sono ripreso dallo stupore (ed è finita la cena di chiusura del CicapFest). Questo lancio ha dimostrato la fattibilità di una tecnologia che molti consideravano impossibile: riuscire non solo a far tornare dallo spazio un lanciatore senza distruggerlo e facendolo diventare riutilizzabile, ma addirittura a farlo atterrare appendendolo alla torre di lancio, pronto per essere revisionato, rifornito e rilanciato.

Ci sono ancora molte tappe tecniche da superare prima che il lanciatore gigante Super Heavy e il veicolo Starship possano diventare operativi, ma oggi ne è stata superata una importantissima. La Luna è un pochino più vicina.

Come tradurreste il titolo “Never Panic Early”?

La copertina dell’edizione statunitense del libro.

Come forse già sapete, sto lavorando insieme all’editore Cartabianca Publishing alla traduzione dell’autobiografia dell’astronauta lunare Fred Haise (uno dei protagonisti della drammatica missione Apollo 13). Il titolo originale è Never Panic Early, che significa letteralmente “Mai farsi prendere dal panico troppo presto”.

La traduzione letterale è decisamente troppo prolissa per essere usata come titolo di un libro, per cui chiedo aiuto: se avete proposte, anche radicali e originali, segnalatele nei commenti; se qualcuno dei titoli già proposti vi ispira, votatelo.

Questi sono quelli che abbiamo partorito finora: per pura coincidenza, sono proprio tredici.

  1. Niente panico in anticipo
  2. Niente panico anticipato
  3. Niente panico troppo presto
  4. Niente panico precoce
  5. Non farsi prendere dal panico in anticipo
  6. Non farti prendere dal panico in anticipo
  7. Mai farsi prendere dal panico in anticipo
  8. Mai farti prendere dal panico in anticipo
  9. Non andare nel panico in anticipo
  10. Non andare nel panico troppo presto
  11. Panico solo quando serve?
  12. Panico quando serve?
  13. Panico al momento giusto?

2024/10/19. Ne aggiungo un altro che mi è venuto in mente di colpo: “Per il panico c’è tempo”.