In arrivo il cinquantenario di Apollo-Soyuz: sovietici e americani nemici ma uniti nello spazio
Prima della collaborazione fra Russia e Stati Uniti per costruire e occupare la Stazione Spaziale Internazionale, prima dei voli dello Shuttle statunitense verso la stazione spaziale sovietica Mir, in tempi di Cortina di Ferro e guerra fredda, quando non si parlava ancora di glasnost o perestrojka, ci fu una missione spaziale congiunta sovietico-americana, nella quale un veicolo spaziale degli Stati Uniti e uno dell’Unione Sovietica si incontrarono e i rispettivi equipaggi si strinsero la mano, in un memorabile gesto simbolico di distensione: la Apollo-Soyuz.
Tra pochi giorni ne ricorre il cinquantenario: il veicolo Apollo partì dagli Stati Uniti il 15 luglio 1975, portando nello spazio tre astronauti (Stafford, Slayton e Brand) e raggiungendo in orbita intorno alla Terra il veicolo Soyuz decollato poche ore prima dal cosmodromo di Baikonur in Kazakistan, allora facente parte dell’Unione Sovietica, con a bordo i cosmonauti Leonov e Kubasov.

Una collaborazione del genere tra superpotenze nucleari nemiche non era certo frutto dell’improvvisazione: erano stati necessari anni di lunghissime trattative politiche e diplomatiche (quale nome mettiamo per primo facendolo sembrare più importante? Soluzione: Apollo-Soyuz in USA, Soyuz-Apollo in URSS), per non parlare delle risoluzione di innumerevoli aspetti tecnici.
Dalla traduzione dei rispettivi manuali di lancio e di volo alle decisioni su come rendere compatibili due sistemi di attracco e di pressurizzazione drasticamente differenti (con pressioni operative molto differenti fra i due veicoli), dalla risoluzione dei problemi di comunicazione radio alle tecniche di rendez-vous, fu necessario uno sforzo tecnico e organizzativo straordinario. E c’era poi il problema che gli statunitensi sapevano benissimo che i sovietici li avrebbero spiati e avrebbero fatto di tutto per carpire i segreti della tecnologia spaziale americana, di gran lunga superiore a quella russa, eppure bisognava collaborare per il bene della missione.

A livello personale, fra astronauti e cosmonauti nacque un’amicizia che continuò per decenni, in particolare fra i comandanti, Stafford e Leonov. Ricordo con piacere l’incontro con Leonov a Martigny, nel 2015, in cui il cosmonauta spiegò che dopo anni di studio dell’inglese si rese conto che la sua controparte non parlava inglese, ma Oklahomski. Entrambi ci hanno lasciato (Leonov nel 2019, Stafford nel 2024); di quegli equipaggi è vivo ancora soltanto Vance Brand, oggi novantaquattrenne. Slayton è morto nel 1993, Kubasov nel 2014.
Insieme all’amico Gianluca Atti, racconterò alcuni aspetti di questa missione molto particolare (l’ultimo volo di un veicolo Apollo) in una serie di articoli. Se volete approfondire l’argomento, sul sito della NASA c’è una sezione apposita, insieme a un libro scaricabile di 580 pagine, pubblicato nel 1978 (e tutto scritto usando il sistema metrico decimale, che in quegli anni si tentò di introdurre negli Stati Uniti).
Nel frattempo, dalla Russia arrivano queste immagini. Cinquant’anni dopo Apollo-Soyuz, una navicella cargo Progress (la versione senza equipaggio della Soyuz, derivata dal veicolo di mezzo secolo fa) viene approntata per il lancio, sempre presso il centro di lancio di Baikonur. Sul suo rivestimento esterno spicca il logo della missione Apollo-Soyuz.
Fonte: Katya’s Space News su Telegram

