Vai al contenuto

Archeoinformatica

Podcast RSI – 5 maggio, Skype dà il mortal sospiro

Questo è il testo della puntata del 3 marzo 2025 del podcast Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto. Il testo include anche i link alle fonti di questa puntata.

Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite iTunes, YouTube Music, Spotify e feed RSS. Il mio archivio delle puntate è presso Attivissimo.me/disi.


[CLIP: audio di suoneria di chiamata di Skype]

Per un’intera generazione di utenti, questo suono è familiare quanto quello della classica suoneria Nokia: è l’avviso di una chiamata Skype in arrivo. La tecnologia corre così in fretta che è facile dimenticarsi di quanto fu rivoluzionario questo software al suo debutto ben ventidue anni fa. Parlarsi via Internet, e anche vedersi in videochiamata, oggi è assolutamente normale; non lo era nel 2003.

Ma la corsa della tecnologia ha anche un’altra conseguenza: quel suono familiare presto sarà archiviato, perché Microsoft ha deciso, abbastanza di colpo, che Skype non sarà più disponibile a partire dal prossimo 5 maggio.

Questa è la storia di Skype, delle sue origini tutte europee un po’ dimenticate, di come ha contribuito a trasformare le nostre abitudini e di come verrà ingloriosamente archiviato e sostituito: Microsoft ha predisposto un percorso facilitato di migrazione al suo prodotto analogo Teams, ma ci sono anche altre soluzioni alternative.

Benvenuti alla puntata del 3 marzo 2025 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica. Io sono Paolo Attivissimo.

[SIGLA di apertura]


Siamo nel 2003. È il 29 di agosto. A Stoccolma una ventina di persone si raduna per assistere al debutto online di un software, sviluppato da loro, che consente di fare telefonate via Internet, da un computer a un altro, in qualunque luogo del mondo, e consente di farlo facilmente e soprattutto gratis a prescindere dalla distanza fra i due interlocutori. È una rivoluzione vera e propria, in un’epoca in cui le conversazioni a lunga distanza sono un sostanziale monopolio delle compagnie telefoniche e hanno costi molto elevati e i messaggi vocali di WhatsApp che oggi consideriamo normali o addirittura essenziali sono pura fantascienza. Mancano infatti quattro anni al debutto del primo iPhone (nel 2007) e WhatsApp nemmeno esiste (arriverà nel 2009 e i suoi “vocali” inizieranno nel 2014).

Nel 2003 ci sono già altri software che permettono di trasportare la voce via Internet, ma sono complicati da installare e ancora più complicati da configurare. Questo, invece, si installa in pochi semplici passaggi e non richiede modifiche dei firewall aziendali o altre complessità tipiche dei suoi concorrenti. E così, il primo giorno il software viene scaricato da diecimila persone. Nel giro di un paio di mesi ha già un milione di utenti. Lo stupore di potersi parlare via Internet è ovunque.

Questo software, come avrete intuito, è quello che oggi chiamiamo Skype. Inizialmente, però, il nome previsto era un altro. Era Skyper: un po’ per assonanza con Napster, uno dei software più popolari e controversi di quegli anni, e un po’ come fusione di sky (cielo) e peer, dato che impiega la stessa tecnologia di trasmissione adoperata dai circuiti peer-to-peer per lo scambio di musica e film via Internet. Ma ahimè il dominio Skyper.com è già occupato, e così Skyper perde la R e diventa Skype.

L’assonanza del nome non è l’unico legame di Skype con i circuiti peer-to-peer: i fondatori di Skype sono lo svedese Niklas Zennström e il danese Janus Friis, e il software è stato scritto da un gruppo di programmatori estoni. Sono le stesse persone che due anni prima hanno creato Kazaa, un popolarissimo programma concorrente di Napster, e ora hanno adattato la tecnologia di Kazaa alla telefonia online.

Viste le grane legali che hanno avuto con le case discografiche per colpa di Kazaa, accusato di facilitare la pirateria audiovisiva di massa, Zennström e Friis hanno deciso di integrare immediatamente in Skype la crittografia, in modo che le chiamate fatte via Skype non siano intercettabili. Ovviamente questo fa diventare Skype uno dei software prediletti dai criminali di tutto il mondo oltre che dalle persone comuni che vogliono semplicemente parlare con amici e parenti lontani senza svenarsi.

Altrettanto ovviamente, le compagnie telefoniche non vedono con piacere l’avvento di questo concorrente che li spiazza completamente offrendo gratis il servizio che loro invece fanno pagare, ma legalmente non c’è nulla che possano fare per impedirlo, anche perché Zennström e Friis fanno in modo che Skype, intesa come azienda, non sia classificabile come operatore telefonico, perché non offre chiamate da un numero telefonico a un altro, ma solo da un numero telefonico a un computer oppure da un computer a un numero di telefono.

A settembre del 2005, dopo due anni di crescente successo e di espansione dell’azienda, Skype viene venduta a eBay per due miliardi e 600 milioni di dollari. Il suo software diventa man mano una delle applicazioni fondamentali di Internet, con oltre seicento milioni di utenti registrati e circa 300 milioni di utenti attivi mensili. Ma i giganti del software stanno sviluppando prodotti concorrenti: Google, Microsoft, Yahoo, Facebook, Apple e altri, come Viber, alitano sul collo di Skype, che nel frattempo ha aggiunto le videochiamate.

Una pagina del sito di Skype com’era nel 2011. Fonte: Archive.org.

Nel 2011, Microsoft compra Skype per otto miliardi e mezzo di dollari. È l’acquisto più costoso mai fatto fino a quel punto dal colosso di Redmond. Skype viene integrato nei servizi di Microsoft, tanto da diventare l’app di messaggistica predefinita di Windows 8.1, e viene progressivamente trasformato. Nascono le versioni per Mac, iPhone, iPad, Android, BlackBerry e anche Linux, e arriva anche Skype for Business, che però è in realtà un prodotto completamente distinto che ha in comune con Skype soltanto il nome e l’estetica.

Sembra l’apice del successo, ma in realtà il destino di Skype è già segnato.


L’integrazione di Skype in Windows, infatti, non procede per il meglio, e Microsoft ha già iniziato l’acquisizione e lo sviluppo di quello che oggi tutti conosciamo come Teams per sostituire Skype. Nel 2021 Skype for Business viene chiuso e in Windows 11 c’è Teams al posto di Skype; negli anni successivi, con molta calma, vengono disattivati i servizi di contorno di Skype standard, che è ancora usato giornalmente da quasi quaranta milioni di utenti. I segnali delle intenzioni di Microsoft a lungo termine sono dunque molto chiari. Ma l’annuncio vero e proprio della fine di questa app che ha fatto la storia di Internet arriva in maniera inaspettata, e non è Microsoft a darlo.

Il 28 febbraio scorso, infatti, il sito XDA Developers ha annunciato la scoperta, all’interno della versione di anteprima più recente di Skype per Windows, di una dicitura sibillina ma inequivocabile che avvisa in inglese che “a partire da maggio, Skype non sarà più disponibile. Prosegui le tue chiamate e le tue chat su Teams”. Poche ore dopo è arrivata la conferma ufficiale di Microsoft.

Mentre le fasi precedenti della progressiva eliminazione di Skype erano state annunciate con ampi margini di tempo (per esempio quattro anni per Skype for Business), stavolta quella quarantina di milioni di utenti rimasti ha meno di dieci settimane di tempo per riorganizzarsi e decidere cosa fare.

Dal 5 maggio prossimo Skype non sarà più disponibile, ma chi ha pagato un abbonamento potrà continuare a usarlo fino alla scadenza e chi ha del credito sul proprio conto Skype potrà continuare a sfruttarlo. Prima del 5 maggio, gli utenti di Skype potranno scaricare la versione gratuita di Teams e usare in Teams le proprie credenziali Skype su qualunque dispositivo supportato. Le chat e i contatti di Skype appariranno automaticamente in Teams [video]. Durante la transizione, chi usa Skype potrà chiamare gli utenti Teams e viceversa.

Ma a Teams gratuito mancano alcune delle caratteristiche che rendevano Skype così interessante: in particolare manca la possibilità di fare chiamate verso numeri telefonici e di ricevere chiamate provenienti dalla rete telefonica fissa e cellulare. Si poteva infatti avere un numero telefonico Skype al quale farsi chiamare, cosa che invece Microsoft offre soltanto nella versione a pagamento di Teams.

Se usate Skype e non fate la migrazione a Teams entro il 5 maggio prossimo, Microsoft conserverà comunque i vostri dati di Skype fino alla fine del 2025. Potrete quindi decidere di installare Teams gratuito anche dopo il 5 maggio senza perdere chat e contatti, ma se non agite entro dicembre i vostri dati di Skype verranno cancellati definitivamente.

In alternativa, potete esportare questi dati seguendo le istruzioni di Microsoft (che trovate linkate su Attivissimo.me) in modo da poterli poi importare in un’altra applicazione a vostra scelta, ma al momento mancano strumenti per automatizzare questa importazione.

Se sopportate il disagio di dover reimmettere a mano i vostri contatti e di perdere la vostra cronologia delle chat, le soluzioni alternative a Teams per fare e ricevere chiamate vocali non mancano di certo oggigiorno. Moltissime app social molto diffuse consentono chiamate, spesso anche in video e in gruppo: WhatsApp, Facetime, Instagram, Zoom, Snapchat, Facebook Messenger, Viber, Google Chat, Google Meet, X, Telegram, Discord, giusto per citarne qualcuna, e anche nel fediverso ci sono applicazioni che hanno questa funzione. Il problema è che ciascuno di questi software non parla con gli altri, per cui tocca ogni volta concordare con i propri interlocutori quale app usare. Inoltre di solito manca la possibilità di chiamare numeri di telefono di rete fissa, ma questo oggi è un problema molto meno sentito che in passato, visto che gli smartphone e gli abbonamenti che includono una connessione continua a Internet sono diffusissimi e le chiamate verso numeri fissi sono sempre più rare.

Con la chiusura di Skype si abbassa ulteriormente il sipario su un periodo storico di Internet: Skype è una delle poche applicazioni di grande diffusione che risale ai primi anni duemila, quando la comunicazione online e mobile era ancora tutta da inventare, ed è ancora in uso adesso, ed è stata una di quelle che davano il classico “effetto wow”: non appena la vedevi usare, ne capivi subito l’utilità e il potenziale rivoluzionario. Ed è anche grazie a Skype che le tariffe telefoniche si sono trasformate radicalmente rispetto a vent’anni fa. Concetti come la tariffa interurbana o quella ridotta notturna per le chiamate sono oggi ricordi sbiaditi che cominciano di ammantarsi di immeritata nostalgia.

Ma lo Skype originale, quello pre-Microsoft, aveva anche un altro grande pregio: faceva una sola cosa, e la faceva bene e in modo chiaro e intuitivo. Oggi tutte le app cercano di fare tutto, tipicamente in modo incompatibile fra loro, creando complessità e confusione, e ovviamente non possono fare a meno di incorporare l’onnipresente intelligenza artificiale. Quella che, fra l’altro, Microsoft aveva infilato anche nelle ultime versioni di Skype, e che troverete naturalmente saldamente integrata in Teams, se decidete di adottarlo come sostituto. Buona migrazione.


A proposito di Teams: prima di chiudere, devo fare una rettifica alla puntata del 24 febbraio scorso, quella dedicata a una tecnica di attacco informatico nella quale gli aggressori fingono di essere l’assistenza tecnica di Microsoft che contatta le vittime tramite Teams dal dominio in apparenza rassicurante Onmicrosoft.com.

Nel podcast ho detto erroneamente che questo nome di dominio appartiene ai criminali, ma in realtà è di Microsoft e i criminali si limitano a sfruttare il fatto che Microsoft assegna questo nome di dominio agli utenti Teams che non ne hanno uno proprio o non lo connettono a Microsoft 365.

Il risultato è che i messaggi Teams dei truffatori provengono da un indirizzo di mail che termina con onmicrosoft.com e quindi è facile scambiarli per messaggi dell’assistenza tecnica di Microsoft. Ringrazio i lettori e gli ascoltatori del podcast che hanno notato il mio errore.

Fonti aggiuntive

Microsoft is killing Skype after 14 years of neglect, WindowsCentral.com, 2025

Exclusive: Microsoft is finally shutting down Skype in May [Update], XDA-developers.com, 2025

Non-biz Skype kicks the bucket on May 5, The Register, 2025

Microsoft announces Skype will close in May, BBC, 2025

Microsoft hangs up on Skype: Service to shut down May 5, 2025, TechCrunch, 2025

On May 5, Microsoft’s Skype will shut down for good, Ars Technica, 2025

Microsoft Plans to Kill Skype, but Did It Ever Truly Live?, Gizmodo, 2025

Gear News of the Week: Skype Will Close for Good in May, Wired.com, 2025

Microsoft finally putting Skype out of our misery, BoingBoing, 2025

The next chapter: Moving from Skype to Microsoft Teams, Microsoft, 2025

Skype recovers from global blackout, BBC, 2010

Skype Is Down, Nearly 20 Million Lost Their Connection This Morning, ReadWriteWeb.com, 2010 (su Archive.org)

Skype Goes Down. Millions Impacted. Skype responds, GigaOm.com, 2010 (su Archive.org)

“How can they be so good?”: The strange story of Skype, Ars Technica, 2018

About Skype, Skype.com, 2011 (su Archive.org)

Smartphone history and evolution, Simpletexting.com, 2024

Sono un pezzo da museo e felice di esserlo: intervista per “Archeologia Informatica”

Gli amici di Archeologia Informatica (Retrocampus.com) mi hanno dedicato questa bella chiacchierata di retrocomputing in cui ho caoticamente ripercorso alcune delle tappe forse poco note della mia storia informatica.

Notevoli e graditissimi gli inserti video che illustrano le cose di cui parliamo, dai fogliettini di bianchetto per le macchine per scrivere al Commodore PET passando per WordStar, CICS/MVS, l’autoscrittura di software per impaginare e per fare backup predittivo, desktop publishing con WordPerfect 5.1 e Ventura Publisher per GEM, le BBS l’arrivo di Internet… e tanto altro. Buona visione!

Un paio di correzioni al volo (scusate, andavo a memoria e per alcuni episodi sono passati più di quarant’anni):

  • il mainframe IBM sul quale ho mosso i primi passi era un 43xx, diversamente da quello che dico nell’intervista
  • il software che scrissi per generare pagine “camera ready” per i libri non era per la stampante ad aghi ma era per la stampante laser GQ-3500 della Epson (non-Postscript), che fu poi sostituita dalla Apple LaserWriter che cito, e il libro impaginato con questa tecnica rocambolesca era effettivamente Modelli matematici e simulazione (1988) del Gruppo Editoriale Jackson.
Link al video su YouTube

Computer grafica nel 1968. Con la demo che ispirò HAL per “2001: Odissea nello spazio”

Link al video su YouTube

Sembrano immagini da un universo parallelo, ma le immagini mostrate in questo filmato del 1968 (YouTube) sono la realtà di quello che già si faceva nei laboratori della Bell alla fine degli anni Sessanta: grafica digitale, composizione di musica al computer, progettazione virtuale di circuiti elettronici usando uno stilo (o penna ottica come si chiamava all’epoca), simulazioni 3D di orbite spaziali, sintesi vocale, concezione di film generati al computer, e altro ancora. I macchinari di allora erano enormi, lentissimi e costosissimi: oggi abbiamo a disposizione le stesse risorse sui nostri telefonini.

A 10:00 una chicca per gli appassionati di fantascienza: la scena che quasi sicuramente ispirò Stanley Kubrick per la famosa sequenza di 2001: Odissea nello spazio nella quale il computer intelligente HAL (spoiler!) subisce una lobotomia e gli viene chiesto di cantare una canzoncina per segnalare il progressivo degrado delle sue capacità intellettive. La canzoncina, in questo documentario e nel film, è Daisy Bell; nell’edizione italiana venne sostituita con la filastrocca Giro Girotondo. Si perse così il riferimento a queste sperimentazioni della Bell e anche una battuta sottile nel testo della canzoncina, quando HAL dice “I’m half crazy” (sono mezzo matto).

Il documentario si intitola The Incredible Machine ed è datato 1968. I sottotitoli automatici di YouTube sono pieni di errori; non fidatevi di quello che scrivono.

Qui trovate il programma in Perl per far cantare Daisy Bell alla sintesi vocale del Mac.

Secondo la didascalia del video su YouTube, si tratta del sistema informatico Graphic 1 dei Bell Labs, composto da un PDP-5 della Digital Equipment Corporation accoppiato a periferiche come una penna ottica Type 370, una tastiera da telescrivente Teletype Model 33 della Teletype Corporation, e un display incrementale di precisione DEC Type 340 coadiuvato da una memoria buffer RVQ della Ampex capace di immagazzinare 4096 parole (words). La risoluzione sul monitor era 1024×1024 (una foto su Instagram di oggi, per capirci). Ripeto, siamo nel 1968 e questi avevano già monitor con queste caratteristiche. L’output grafico veniva passato a un sistema IBM 7094 da 200 kflop/secondo, collegato a un registratore su microfilm SC 4020 della Stromberg Carlson che, sempre stando alla didascalia, “ci metteva ore a leggere e registrare i dati”. Ma le avvisaglie di tutto quello che conosciamo oggi c’erano già.

Fonte aggiuntiva: Hackaday.