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FAQ: Come mai rifiuti nuove collaborazioni con riviste italiane?

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(Risposta tratta da questo post del 2014 su Disinformatico.info)

Frequentemente qualcuno mi propone di scrivere per riviste italiane e io, eterno ottimista, accetto. Ma stavolta mi sono rotto. Lo dico qui, chiaro e tondo: niente di personale, ma scordatevelo. Per sempre. Non accetterò nuove proposte da editori o testate italiane. La ragione? La burocrazia di queste testate e del Fisco italiano è talmente ottusa e labirintica che il tempo che spenderei per farmi pagare mi costerebbe di più di quello che mi pagherebbero. Per cui grazie, ma no, grazie.

Oggi mi è capitato l’ennesimo esempio concreto di quest’assurdità. Circa sei mesi fa ho scritto, su invito, un articolo per una Nota Rivista Italiana. Doveva essere l’inizio di una collaborazione. Ma dopo sei mesi la Nota Rivista non solo non mi ha ancora pagato, ma non ha neanche risolto le questioni burocratiche e fiscali di un pagamento dall’Italia alla Svizzera (io abito a Lugano). Sembra che per tante aziende italiane pagare un fornitore fuori dalla penisola sia per definizione una cosa losca e sospetta, mai vista prima, un arcano irrisolvibile che comporta un interminabile rimpallo di modalità, responsabilità, ritardi e modulistica degni di una scena di Brazil. Europa unita? Semplificazione fiscale? Fatemi ridere. E non ditemi che è un problema dovuto al fatto che la Svizzera è in una lista nera e non è nell’Unione Europea: collaboro con clienti australiani che si accontentano di un singolo modulo spedito via fax e fanno il bonifico al volo.

Con grande pazienza mia moglie Elena, che cura la mia amministrazione e per questo (e non solo per questo) ha la mia venerazione incondizionata, ha speso giorni a informarsi presso le autorità fiscali svizzere, che hanno fornito gratuitamente tutto il necessario, prontamente e cortesemente, e a scrivere una mail dopo l’altra per cercare di far capire alla contabilità della Nota Rivista Italiana, con esempi pratici, che c’era una procedura alternativa, più semplice e snella, conforme alle leggi italiane, personalmente verificata e collaudata da anni con un’altra testata italiana (Le Scienze), che oltretutto non comportava per me ritenute a fondo perduto e mi permetteva di pagare le tasse a casa mia invece di affrontare il Balrog della fiscalità italiana. Macché: inamovibile come un fossile, la Nota Rivista Italiana ha voluto a tutti i costi mantenere il proprio iter preso di peso dalle pagine di Kafka e s’è pure lamentata che le stavamo facendo spendere tempo e denaro a disquisire con il suo fiscalista. Oh, scusate se volevamo offrirvi un sistema più efficiente e se non avevamo capito che invece il mio tempo e quello di mia moglie non valgono nulla.

Un semestre più tardi, cioè oggi, io e mia moglie ci siamo guardati in faccia e ci siamo resi conto che la procedura pretesa dalla Nota Rivista Italiana, in termini di ore di lavoro per svolgerla e procurarsi tutte le scartoffie borboniche necessarie, spedirle e poi inseguire il pagamento (a novanta giorni, oltre ai sei mesi già passati), ci era già costata più di quello che avremmo ricevuto come compenso (250 euro lordi). E che andando avanti avremmo speso ancora di più. Oltre ai travasi di bile, difficili da quantificare monetariamente ma assai tangibili. Non è la prima volta che mi capita un pantano fiscal-contabile del genere con testate italiane (un giorno vi racconterò delle proposte demenziali di Note Emittenti Televisive Italiane), ma stavolta è stato superato il limite del ridicolo.

Sicché abbiamo deciso di contenere il danno e di regalare l’articolo. Non vogliamo più spendere un altro nanosecondo a rincorrere, sollecitare, spiegare, descrivere, certificare l’inutile, dimostrare di non essere sporchi evasori fiscali fino a prova contraria. Non per 250 euro lordi. Mi costa meno regalare quel lavoro, con tanti cari saluti alla Nota Rivista Italiana e alla burocrazia e ai burocrati ottusi di un paese che sono sempre più contento di aver dovuto lasciare per poter lavorare onestamente. 

Pubblico qui queste righe così la prossima volta che qualcuno mi chiederà una collaborazione dall’Italia gli linkerò semplicemente queste righe amare. Scusate lo sfogo.