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Podcast RSI – Proteggere i giovani da smartphone e social network è un “imperativo globale”, secondo i dati scientifici

Questo è il testo della puntata dell’1/9/2025 del podcast Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto. Il testo include anche i link alle fonti di questa puntata.

Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite iTunes, YouTube Music, Spotify e feed RSS. Il mio archivio delle puntate è presso Attivissimo.me/disi.


Il possesso di uno smartphone prima dei 13 anni è fortemente correlato a una minore salute mentale in età adulta, soprattutto tra le giovani donne. Questo calo diffuso della salute mentale si manifesta come pensiero suicidario, distacco dalla realtà e scarsa autostima. Sono i risultati piuttosto inesorabili e ineludibili di uno studio basato sul più grande database mondiale di dati sul benessere mentale.

Ma le soluzioni ci sono. Quello che scarseggia, invece, è il coraggio di adottarle.

Benvenuti alla puntata del primo settembre 2025 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica. Io sono Paolo Attivissimo.

[SIGLA di apertura]


Uno studio mondiale basato su centinaia di migliaia di persone giovani e pubblicato a luglio 2025 sulla rivista scientifica Journal of Human Development and Capabilities presenta risultati impressionanti sugli effetti negativi di smartphone e social network che daranno da pensare a molti genitori.

Secondo questo studio, che attinge al più grande database mondiale di informazioni sulla salute mentale, il Global Mind Project, i giovani che oggi hanno fra i 18 e i 24 anni e avevano ricevuto il loro primo smartphone a 12 anni o ancora prima manifestano ora maggiore aggressione, pensiero suicidario, distacco dalla realtà, minore capacità di gestire le emozioni e bassa autostima [“aggression, suicidal thoughts, feelings of detachment from reality, and diminished self-worth, emotional control, and resilience”, p. 497]. Il 41% delle persone tra i 18 e i 34 anni lotta contro sintomi o capacità funzionali ridotte che sono un ostacolo concreto nella loro vita quotidiana.

Questi problemi non sono legati esclusivamente al possesso di uno smartphone: sono associati anche all’accesso precoce ai social network, e comportano un maggior rischio di cyberbullismo, disturbi del sonno e difficoltà relazionali in seno alla famiglia in età adulta.

L’arrivo degli smartphone a partire dai primi anni Duemila, dicono gli autori della ricerca, ha trasformato il modo in cui le persone giovani stabiliscono legami, imparano concetti e nozioni e formano le proprie identità. Questi dispositivi, sottolineano, vanno distinti dai telefonini tradizionali perché sono costantemente connessi a Internet e danno accesso continuo e in ogni luogo ai social network.

Il problema, spiegano gli autori dello studio, è che gli algoritmi dei social network, ossia i sistemi che selezionano e propongono contenuti ai singoli utenti, tendono ad amplificare i contenuti dannosi e a incoraggiare una persona a fare confronti con le altre, e hanno anche un impatto importante su altre attività, come le interazioni faccia a faccia e il sonno. Tutte cose che un genitore o un docente sa bene e percepisce quotidianamente da tempo, ma vederle documentate da un’analisi rigorosa e di massa le sposta dalla vaghezza degli aneddoti personali alla concretezza del dato statistico.

Gli esperti che hanno condotto lo studio chiedono interventi urgenti per proteggere la salute mentale delle generazioni che costituiranno gli adulti del futuro. Mettono in guardia sul fatto che i sintomi che si rilevano in età adulta “non sono quelli tradizionali di depressione e ansia, e possono sfuggire agli studi che si basano sui test di valutazione standard”. Lo spiega la neuroscienziata Tara Thiagarajan, laureatasi a Stanford e principale autrice dell’articolo scientifico in questione.

Gli studi svolti finora sugli effetti sulla salute mentale del tempo trascorso davanti agli schermi dei dispositivi, sui social network e sugli smartphone hanno già indicato alcuni effetti negativi, ma spesso in modo contraddittorio o poco chiaro, dando quindi al legislatore, al mondo scolastico e alle famiglie una giustificazione per non fare nulla o minimizzare il problema.

Questa nuova ricerca, invece, ha ottenuto risultati molto netti attingendo a questo grande database, che include profili e informazioni contestuali su oltre due milioni di individui distribuiti in 163 paesi e su 18 lingue, applicando un cosiddetto quoziente di salute mentale [Mental Health Quotient, MHQ], che è uno strumento di autovalutazione che misura il benessere sociale, emozionale, cognitivo e fisico delle persone e genera una sorta di punteggio generale della salute mentale individuale.

I risultati principali del possesso precoce di uno smartphone includono tutti i sintomi che ho già citato e anche le allucinazioni. Il punteggio di salute mentale, inoltre, scende progressivamente man mano che cala l’età di questo primo possesso. Per esempio, chi ha ricevuto il suo primo smartphone a 13 anni ha un punteggio medio di 30, ma il punteggio medio di chi lo ha ricevuto a cinque anni è 1.

Lo studio ha rilevato effetti differenti fra ragazzi e ragazze: il possesso precoce è associato principalmente a una immagine di sé meno positiva, a una minore autostima, a un calo nella fiducia in se stesse e nella resilienza emozionale tra le ragazze, mentre tra i ragazzi prevalgono le riduzioni di stabilità, calma ed empatia. Queste tendenze, fra l’altro, sono universali e si riscontrano in tutte le regioni del mondo, in tutte le culture e in tutte le lingue.

Se vi servivano dei dati oggettivi per avere una giustificazione per fare qualcosa per questo problema, questa ricerca può essere insomma un buon punto di partenza, che include molti altri risultati interessanti oltre a quelli che ho riassunto qui.

Ma che cosa si può fare esattamente?


Agire in modo efficace di fronte a un problema sociale di questa portata non è facile. Un genitore che decida di limitare l’accesso dei figli agli smartphone e ai social network rischia di portare quei figli a un’esclusione sociale, perché tutti gli altri loro coetanei li usano.

Confidare nelle capacità e nel buon senso dei minori stessi è, dicono i ricercatori, “irrealistico ed eticamente insostenibile” perché “i sistemi di intelligenza artificiale che alimentano i social network sono concepiti appositamente per sfruttare le vulnerabilità psicologiche, per manipolare e per scavalcare le difese cognitive, e questo pone una sfida considerevole quando la corteccia prefrontale non è ancora matura,” scrivono i ricercatori. Prendersela con i ragazzi e le ragazze perché non sanno resistere alle lusinghe di un sistema creato dagli adulti appositamente per manipolarli significa insomma scaricare le colpe sulle vittime.

I ricercatori propongono quattro tipi generali di rimedi, che elencano in ordine di fattibilità decrescente.

Il primo rimedio, il più fattibile, è introdurre un’educazione obbligatoria alle competenze digitali e alla salute mentale, che includa l’etica delle relazioni online e offra delle strategie per la gestione dell’influenza degli algoritmi, del cosiddetto catfishing (cioè l’uso di false identità online allo scopo di ingannare), del bullismo digitale e dei predatori sessuali. Questa educazione dovrebbe precedere l’accesso autonomo ai social network, analogamente a quello che si fa con la patente di guida.

Il secondo rimedio proposto è rafforzare i controlli sull’età di accesso ai social network e fare in modo che ci siano conseguenze significative per questi social e per le società del settore tecnologico se questi controlli, gestiti da loro, si rivelano inefficaci. I ricercatori ammettono che questa è una sfida tecnicamente difficile ma notano che “spostare verso i fornitori di tecnologie la responsabilità di mitigare i rischi e proteggere gli utenti riduce gli oneri che gravano sulle famiglie e sugli individui”.

In altre parole, visto che i social network causano questo problema e ci guadagnano cifre enormi, che siano loro a rimediare, e che lo facciano a spese loro. I ricercatori notano che in altri campi, come il consumo di tabacco e di alcolici, un impianto di leggi efficace nel rendere responsabili le aziende è ottenibile se c’è, cito, “volontà politica sufficiente”.

Il terzo rimedio, che secondo i ricercatori ha una fattibilità media, come il precedente, è vietare l’accesso ai social network ai minori di 13 anni su qualunque dispositivo. Questa è una sfida tecnica notevole, che si basa sull’età minima di legge ma richiede meccanismi di applicazione concreta che siano efficaci e affidabili.

Il quarto e ultimo rimedio, quello meno fattibile in assoluto ma anche quello di maggiore impatto potenziale, è introdurre dei divieti all’accesso non solo ai social ma anche agli smartphone, intesi specificamente come dispositivi personali facilmente portatili che abbiano accesso a Internet e includano app supplementari oltre a quelle per telefonare e ricevere messaggi di testo.

Questi divieti andrebbero applicati ai minori di 13 anni, offrendo delle alternative pratiche, come dei telefonini che forniscano solo i servizi di base, ossia chiamate e messaggi, senza social network o contenuti generati dall’intelligenza artificiale. Questi prodotti esistono già, ma attualmente sono presentati dal marketing delle case produttrici come soluzioni riservate agli utenti anziani invece di proporle come dispositivi protettivi per minori. I ricercatori si rendono conto che mettere in atto divieti di questa portata è difficile, perché va contro le norme socioculturali sull’accesso alla tecnologia, si scontra con le libertà di decisione dei genitori ed è concretamente difficile da far rispettare negli spazi privati.


In sintesi, dicono questi ricercatori, un genitore che mette in mano a un minore uno smartphone non lo sta aiutando affatto ad acquisire competenze digitali, come pensano molti, ma gli sta causando un danno che si trascinerà fino alla vita adulta. Servono urgentemente misure protettive e preventive, e cominciano ad accumularsi dati oggettivi che raccomandano di estendere almeno in parte queste misure anche alle persone fra i 14 e i 18 anni.

I precedenti di successo non mancano. Nelle loro conclusioni, i ricercatori fanno l’esempio delle norme sull’accesso e il consumo di alcolici da parte di minori, che rendono responsabili i genitori, gli esercizi commerciali e i fabbricanti. Chi mette alcolici a disposizione di minori può essere sanzionato, può perdere la licenza commerciale o finire in tribunale, e le aziende che producono alcolici sono soggette a restrizioni pubblicitarie molto severe e possono essere punite se si rivolgono a minori o non fanno rispettare i limiti di età. Quindi perché non farlo anche per gli smartphone e i social?

Sarebbe una misura impopolare per molti utenti, ma alcuni governi, come quello australiano, si stanno già muovendo in questa direzione, sia pure con misure non sempre complete, efficaci e persuasive. Il tassello mancante, di solito, è la punibilità delle aziende. Forse a causa del loro immenso potere economico, raramente i politici se la sentono di attribuire le colpe a chi realmente le ha perché ha creato il problema e finge di essere incapace di risolverlo.

Finge, sì, perché è semplicemente inconcepibile che aziende high-tech come X o Meta, che si vantano di avere potentissime intelligenze artificiali capaci di analizzare e digerire trilioni di parole, non siano in grado di accorgersi che sui loro servizi esistono da anni gruppi e forum come quello sessista venuto alla ribalta in questi giorni [LaRegione.ch; Tio.ch; Tio.ch]. Era tutto alla luce del sole, senza crittografia a proteggere le conversazioni, le foto e i commenti, eppure Meta, che ospitava il gruppo Facebook in questione [chiamato “Mia moglie”, 32mila utenti, dove gli uomini pubblicavano scatti di mogli o fidanzate, spesso fatti a loro insaputa, e chiedevano agli altri iscritti di commentarli], non ha fatto nulla. Anzi, anche quando io stesso ho segnalato contenuti assolutamente inaccettabili ed evidentissimamente contrari alle loro stesse regole che si trovavano sui social di Meta, le mie segnalazioni sono state respinte, come quelle di tanti altri utenti che cercano di vigilare dove chi dovrebbe farlo non lo fa.

Il problema è talmente grave che i ricercatori parlano di “imperativo globale” per la sua soluzione e avvisano che “se proseguiranno le attuali tendenze al possesso di smartphone e all’accesso ai social network” in età sempre più giovanile si rischia che questa situazione da sola sia “responsabile per disagi mentali come pensieri suicidari, dissociazione dalla realtà e capacità ridotte di controllo delle emozioni e di resilienza in quasi un terzo della prossima generazione.”

Nel frattempo, nel 2024 Meta ha incassato 164 miliardi di dollari; Apple ne ha incassati 391, Google 348 e Samsung 218. Sarà davvero interessante vedere chi avrà il coraggio di remare seriamente contro questo mare di soldi.

Fonti aggiuntive

Thiagarajan, T., et al. (2025). “Protecting the Developing Mind in a Digital Age: A Global Policy Imperative” Journal of Human Development and Capabilities (PDF).

Early smartphone use linked to poorer mental health in young adults, News-Medical.net

Chiude Phica.eu, sito sessista con migliaia di foto e commenti osceni, LaRegione.ch

Chiuso forum con foto intime rubate di donne, ci sono anche vittime ticinesi. «Cosa si fa?», Tio.ch

«Sul forum Phica c’ero pure io. Ho segnalato mesi fa, ma… nulla», Tio.ch

Podcast RSI – Legge UK “salvabambini”, modello da studiare. Per evitarlo

Questo è il testo della puntata dell’11 agosto 2025 del podcast Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto. Il testo include anche i link alle fonti di questa puntata.

Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite iTunes, YouTube Music, Spotify e feed RSS. Il mio archivio delle puntate è presso Attivissimo.me/disi.


[CLIP: audio da “Death Stranding”, tratto da questo video]

Ogni tanto, nella storia di Internet, arriva qualcuno che reclama che si deve fare qualcosa per impedire ai minori di vedere i contenuti non adatti alla loro età che si possono trovare facilmente online. Raccoglie firme, promuove petizioni, trova agevolmente qualche politico che sposa la sua causa perché proteggere i bambini piace molto a qualunque elettore ed elettrice, e la richiesta finisce per diventare una proposta di legge.

A questo punto, di solito, vengono convocati i tecnici, quelli che sanno come funziona realmente Internet, scuotono la testa come hanno già fatto altre volte in passato e avvisano che la proposta è nobile ma non è tecnicamente fattibile e provarci avrebbe delle conseguenze catastrofiche sulla sicurezza, sulla privacy di tutti i cittadini, sui minori stessi e sui servizi di sostegno a quei minori, diventerebbe una censura di massa di qualunque idea politicamente sgradita e comunque soprattutto non funzionerebbe, perché qualunque misura tecnica per identificare e distinguere fra minori e adulti quando accedono a un sito sarebbe facilmente aggirabile.

Il politico di solito rimane perplesso ma accetta il parere esperto dei tecnici e lascia perdere. Il 25 luglio scorso, invece, un intero paese europeo ha deciso di ignorare fieramente gli esperti e di provare lo stesso a proteggere i bambini approvando una legge che è l’equivalente informatico di vietare al vento di soffiare. Quel paese è il Regno Unito, e questa è la storia di un disastro annunciato, da ricordare la prossima volta che qualche altro politico, in qualche altro paese, si farà venire la stessa idea.*

* Tipo la Francia, ma in modi meno draconiani di quello britannico [Twobirds; Techinformed]; Danimarca, Grecia, Italia e Spagna stanno testando un’app di verifica dell’età [Lepoint; Liberation].

Perché tutto il costoso sistema di controllo online dell’età tramite riconoscimento facciale messo in piedi nel Regno Unito, usando le più sofisticate tecnologie, è crollato (come ampiamente previsto) nel giro di pochi giorni grazie a un videogioco, Death Stranding, di cui avete sentito uno spezzone in apertura. I suoi giocatori, infatti, hanno scoperto che per farsi identificare come adulti bastava mostrare alla telecamera uno dei personaggi del gioco, Sam Bridges, che può essere comandato per fargli fare tutti i movimenti e le espressioni richieste dai controlli. E ovviamente le vendite di VPN sono schizzate alle stelle. Ma soprattutto ci si è resi conto che questo sistema strangola le piccole comunità online e lascia invece il campo libero ai soliti grandi nomi stramiliardari dei social network.

Benvenuti alla puntata dell’11 agosto 2025 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica; questa è l’unica puntata di questo mese. La prossima verrà pubblicata il primo settembre. Io sono Paolo Attivissimo.

[SIGLA di apertura]


L’Online Safety Act è una legge del Regno Unito concepita nel 2023 per impedire alle persone che hanno meno di diciotto anni di accedere alla pornografia e ai contenuti legati all’autolesionismo, ai disturbi dell’alimentazione e al suicidio. I suoi controlli online sono entrati in vigore il 25 luglio scorso. In pratica, i gestori dei siti che possono trovarsi a ospitare contenuti di questo tipo* sono obbligati ad attivare delle verifiche dell’età dei loro visitatori, gestite da aziende specializzate.

* Notare il “possono”. Questa legge non riguarda solo i siti pornografici. Ci torno dopo, ma è importante chiarirlo subito.

Queste verifiche possono richiedere per esempio di dare le coordinate di una carta di credito, perché si presume che chi ha accesso a una carta di credito sia maggiorenne. In alternativa, l’utente può dare le coordinate di un proprio documento d’identità insieme a una propria foto scattata sul momento e il software controllerà se corrispondono e se si riferiscono a un maggiorenne oppure no.

Uno dei metodi di controllo alternativi più originali proposti da questa nuova legge britannica è la verifica tramite email. L’utente fornisce il proprio indirizzo di mail a un servizio apposito, che interroga i fornitori di servizi bancari o di utenze domestiche del paese, come luce, telefono, gas o Internet, per sapere se quell’indirizzo è stato usato per fare transazioni o gestire utenze, nel qual caso si presume che l’utente sia maggiorenne. Ovviamente questo significa che i gestori di questi controlli devono ficcare il naso nelle attività personali di questi utenti.

Poi c’è il riconoscimento facciale, o meglio, la stima dell’età tramite analisi del volto. L’utente si fa un selfie o mostra il viso in diretta alla telecamera del computer o del telefonino e un’azienda specializzata usa l’intelligenza artificiale per decidere se ha una faccia da maggiorenne o da minorenne.

L’utente può anche dare il permesso a una società specializzata di verificare se il suo numero di telefonino è intestato a un minorenne o un adulto, oppure può affidarle le sue coordinate bancarie e la società di verifica interrogherà la banca per sapere se l’utente ha più o meno di 18 anni.

Sono tutte misure piuttosto invasive, che hanno tre punti deboli molto importanti.

Il primo è che raccolgono i dati personali di milioni di persone e li mettono in mano ad aziende private, creando quindi potenzialmente un archivio centrale che farà gola ai criminali informatici, come è già successo per esempio con AU10TIX, la società israeliana usata da TikTok, Uber, LinkedIn, PayPal e altri grandi nomi [404 Media].

Il secondo punto debole è che l’utente britannico può eludere tutte queste complicazioni semplicemente installando un’app VPN, in modo da simulare di trovarsi al di fuori del Regno Unito e quindi non essere soggetto a tutti questi controlli. E infatti tre giorni dopo l’entrata in vigore di questa legge le app VPN sono diventate le più scaricate in assoluto nell’App Store di Apple nel paese. L’app svizzera Proton VPN, per esempio, ha avuto un picco del 1800% nelle attivazioni provenienti dal Regno Unito.

Il colmo dell’ironia involontaria in questa situazione arriva dalla BBC, che in un articolo sul proprio sito riferisce che le autorità vietano alle piattaforme online di ospitare contenuti che incoraggino l’uso delle VPN per eludere i controlli sull’età e subito dopo, sulla propria piattaforma, offre una pratica infografica che spiega esattamente come usare una VPN per eludere i controlli sull’età.

L’infografica della BBC.

Come nota il sito Techdirt.com, “quando la tua legge ‘salvabambini’ ha come risultato principale insegnare ai bambini come usare le VPN per aggirarla, forse hai sbagliato leggermente il tuo obiettivo”.

Il terzo punto debole è che la stima dell’età tramite riconoscimento facciale può essere beffata appunto usando il volto di Sam Porter Bridges, il protagonista del popolare videogioco Death Stranding. Questo controllo infatti chiede all’utente di mostrare alcune espressioni facciali, tipo aprire o chiudere la bocca, e in questo gioco è possibile comandare questo personaggio in modo che faccia proprio queste espressioni.

Screenshot

La notizia di questo trucco si è diffusa immediatamente nei social network, nei siti di gaming e in quelli dedicati alle notizie informatiche, spesso accompagnato da un coro di “ve l’avevamo detto”. È una falla imbarazzantissima, che solleva una domanda importante: se le aziende che realizzano questi controlli sono talmente inette che basta un videogioco per beffarle, perché mai dovremmo credere che siano capaci invece di custodire perfettamente i nostri dati sensibili?


Anche se molti utenti eluderanno questi controlli, anche se sarà necessario rinunciare a un po’ di anonimato online, almeno qualche bambino verrà protetto dalle grinfie dei pornografi, giusto? No, perché la strada dell’inferno, come si suol dire, è lastricata di buone intenzioni, anche in informatica.

Infatti una delle conseguenze di questa nuova legge britannica è che le comunità online e le associazioni per la tutela dei minori adesso non sono più facilmente accessibili ai minori che vorrebbero proteggere. Per esempio, una vittima minorenne di abusi sessuali deve ora presentare un documento di un adulto per poter interagire con i servizi che la possono aiutare.

E non è tutto: molti siti e forum gestiti da privati si trovano costretti a chiudere, perché non hanno i fondi necessari per pagare le aziende private deputate a questi controlli obbligatori, che possono costare circa 2700 euro l’anno, e non hanno le risorse umane per mettersi in regola con le nuove disposizioni. Non si tratta solo di siti che parlano di tematiche sensibili riguardanti i minori: queste regole toccano tutti i siti britannici, su qualunque tema.* Persino un’associazione di ciclisti o un forum dedicato al golf o alle birre artigianali o ai criceti.

* Questa legge è stata presentata come “anti-porno”, ma non è affatto così. L’OSA non riguarda solo i siti pornografici. Tocca qualunque sito nel quale gli utenti possano pubblicare contenuti o interagire tra loro. In pratica, qualunque forum e qualunque sito di associazione.

“The Act’s duties apply to search services and services that allow users to post content online or to interact with each other. This includes a range of websites, apps and other services, including social media services, consumer file cloud storage and sharing sites, video-sharing platforms, online forums, dating services, and online instant messaging services.” [Gov.uk]

Inoltre questa legge tocca principalmente i siti britannici, ma si estende anche ai siti esteri in alcuni casi: “The Act applies to services even if the companies providing them are outside the UK should they have links to the UK. This includes if the service has a significant number of UK users, if the UK is a target market, or it is capable of being accessed by UK users and there is a material risk of significant harm to such users. [...] The Act gives Ofcom the powers they need to take appropriate action against all companies in scope, no matter where they are based, where services have relevant links with the UK. This means services with a significant number of UK users or where UK users are a target market, as well as other services which have in-scope content that presents a risk of significant harm to people in the UK.” [Gov.uk]

Persino Wikipedia. L’enciclopedia online, infatti, rischia di essere equiparata ai social network come Facebook o TikTok e ai grandi siti di pornografia che erano nella mente del legislatore quando ha concepito l’Online Safety Act. Gli avvocati della Wikimedia Foundation sono andati in tribunale per contestare la nuova legge, che obbligherebbe Wikipedia a mettere un tetto al numero di britannici che la consultano, perché se dovessero superare i sette milioni l’enciclopedia verrebbe classificata come un cosiddetto “servizio di categoria 1” e sarebbe soggetta quindi alle restrizioni massime previste da questa legge [Wikimedia Foundation]. Dovrebbe per esempio verificare le identità dei circa 260.000 utenti che contribuiscono volontariamente alla sua manutenzione e sottostare a mille altri obblighi che la renderebbero in sostanza ingestibile [The Telegraph; copia su Archive.is].

Insomma, quella che è stata presentata come una legge contro la pornografia sta diventando un bavaglio che tocca moltissimi settori.* Persino Spotify adesso deve chiedere agli utenti di farsi controllare l’età per poter accedere a certi suoi video musicali nel Regno Unito. Numerosi utenti segnalano che le notizie di guerra, soprattutto quelle riguardanti la Palestina, sono bloccate sui social network e per leggerle bisogna presentare un documento d’identità o farsi verificare l’età. Sono soggetti a controlli persino i forum di Reddit dedicati al cinema o ai labubu [Dazed].

* L’ambito intenzionale di questa legge è vastissimo: altro che “anti-porno”. I temi specificamente protetti non sono solo gli abusi sessuali su minori, la violenza sessuale estrema, gli abusi tramite immagini intime, lo sfruttamente sessuale e la pornografia estrema, ma le frodi, i reati contro l’ordine pubblico con aggravanti razziali o religiose, l’istigazione alla violenza, l’immigrazione illegale e il traffico di esseri umani, la promozione o la facilitazione del suicidio, la vendita di sostanze o armi illegali e il terrorismo. [Gov.uk] 

I social network e i grandi siti per adulti, invece, prosperano indisturbati. A differenza delle piccole comunità online di volontari, hanno le risorse economiche e tecniche necessarie per implementare questi controlli di fatto inutili. Se si cerca di regolamentare Internet pensando che Internet sia solo Facebook e Google e poco altro, alla fine sopravvivono solo questi colossi, che sono gli unici che ricevono benefici da una legge come questa.

Chi prima gestiva un forum amatoriale indipendente, infatti, si troverà costretto a trasferire la propria comunità di utenti su un social network come Instagram o Discord o Facebook, dove i post dei membri saranno inframmezzati da inserzioni pubblicitarie che faranno diventare ancora più ricchi e potenti questi social e i loro proprietari, e dove quello che scrivono sarà soggetto agli umori e alle censure del momento [The New Statesman], come sa bene chiunque abbia perso di colpo il proprio profilo Instagram perché a quanto pare avrebbe violato qualche “standard della comunità” e non ha modo di reclamare e nemmeno di sapere quale di questi standard non avrebbe rispettato.


I cittadini britannici hanno criticato gli effetti di questa legge, depositando centinaia di migliaia di firme in pochi giorni presso il sito governativo apposito per le petizioni. Peter Kyle, segretario di stato per le tecnologie del governo del paese, ha risposto scrivendo su X/Twitter che chi vuole sopprimere questa legge sta dalla parte dei predatori di minori [X], equiparando insomma i critici ai criminali.

Visto che la tentazione di adottare leggi come quella britannica farà inevitabilmente capolino ancora, riassumo per chiarezza quali sono i veri effetti di qualunque legge che imponga la verifica delle identità o dell’età per accedere a contenuti online:

  • Per gli adulti diventa più difficile accedere alle informazioni e ai servizi perfettamente legali e utili.
  • I cittadini vengono obbligati a creare un tracciamento dettagliato delle loro attività online legato alle proprie identità e vengono spinti verso piattaforme meno sicure.
  • Le piccole comunità online che non possono permettersi gli oneri di conformità alla legge vengono distrutte.
  • E a un’intera generazione viene insegnato che eludere la sorveglianza governativa è una competenza di base della vita [TechDirt].

I danni che queste leggi affermano di voler eliminare, invece, proseguono indisturbati. I predatori non fanno altro che trasferirsi su altre piattaforme, usano la messaggistica con crittografia oppure ricorrono alle VPN. Si crea, insomma, l’illusione della sicurezza, ma in realtà si aumenta l’insicurezza di tutti. E i social network, i cui algoritmi creano spirali cognitive tossiche e causano tutti questi danni, vengono premiati invece di essere puniti.

Quello che è successo nel Regno Unito dovrebbe essere un monito per qualunque democrazia alle prese con la regolamentazione di Internet. Se i politici preferiscono atteggiarsi a uomini forti e decisionisti, se privilegiano l’apparenza di aver fatto qualcosa, qualunque cosa, alla sostanza di aver capito il problema e di aver agito ascoltando gli esperti, adottando soluzioni sociali a lungo termine e varando norme come l’interoperabilità che tolgano ai social network il loro strapotere di ghetti inghirlandati, il risultato è che nessun bambino viene salvato.

E l’unica cosa buona che viene fuori da questa legge britannica è che adesso quei pericoli per la democrazia che venivano ipotizzati dagli esperti non sono più teoria, ma sono pratica concreta, tangibile e reale, da studiare per capire che cosa non fare.

Fonti

Reddit and Discord’s UK age verification can be defeated by Death Stranding’s photo mode, The Verge (2025) [copia su Archive.is]

The UK’s new age-gating rules are easy to bypass, The Verge (2025) [copia su Archive.is]

Istruzioni di bypass di Kevin Beaumont su Mastodon (2025)

Brits can get around Discord’s age verification thanks to Death Stranding’s photo mode, bypassing the measure introduced with the UK’s Online Safety Act. We tried it and it works—thanks, Kojima, PCGamer (2025)

UK VPN demand soars after debut of Online Safety Act, The Register (2025)

VPNs top download charts as age verification law kicks in, BBC (2025)

Didn’t Take Long To Reveal The UK’s Online Safety Act Is Exactly The Privacy-Crushing Failure Everyone Warned About, Techdirt (2025)

The UK’s new online safety laws are already a disaster, Dazed (2025)

Death Of A Forum: How The UK’s Online Safety Act Is Killing Communities, Techdirt (2025)

Sono su Bluesky

@disinformatico.bsky.social è il mio account Bluesky. Primissime impressioni:

  • somiglia molto al “vecchio” Twitter, di cui però non ha i messaggi diretti (o pseudo-privati)*; è tutto pubblico, e tutto sommato è meglio così, visto che ora i messaggi “privati” su Twitter sono tutti in mano a Elon Musk e la sua banda di scellerati.
* Correzione: li ha, ma sono limitati per default. Come impostazione predefinita, posso fare chat “private“ solo con le persone che seguo. Se voglio cambiare quest’impostazione, devo andare nelle Impostazioni, scegliere Messaggi, cliccare sull’icona a sinistra del tasto "Nuova chat" (oppure da web usare il link diretto https://bsky.app/messages/settings) e scegliere se accettare messaggi da tutti, dagli utenti che seguo o da nessuno. Per ora non sono protetti con crittografia end-to-end; i moderatori di Bluesky possono leggerli [Bluesky]. Grazie a DZ per la correzione.
  • Fa strano che a un anno dal debutto e con 30 milioni di utenti, la sua autenticazione a due fattori sia ancora basata esclusivamente sulla mail.
  • Ed è irritante che i post, una volta pubblicati, non siano modificabili (salvo usare accrocchi tramite app particolari) come lo sono invece per esempio su Mastodon, nemmeno temporaneamente per correggere qualche refuso.

Va be’, proviamo comunque anche questo. Ho messo un avviso su X, così se qualcuno ancora mi legge là, sa dove trovarmi. Resto comunque fedele a Mastodon (i cui post sono su Bluesky tramite bridge, presso @ildisinformatico.mastodon.uno.ap.brid.gy).

Avete già provato Bluesky? Cosa ne pensate?


2025/02/23. Aggiungo un consiglio arrivato nei commenti (grazie DZ!): per default Bluesky mostra solo i post scritti nelle lingue definite automaticamente nelle impostazioni, e questo può essere un filtro non intenzionale e indesiderato. Se volete vedere tutti i post a prescindere dalla lingua, o selezionare le lingue da rendere visibili, andate in Impostazioni – Lingue – Lingue dei contenuti – e selezionate le lingue da visualizzare. Disattivandole tutte si vede qualunque post in qualunque lingua.